varie, 20 novembre 2002
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CHINAGLIA Giorgio. Nato a Carrara il 24 gennaio 1947. Calciatore. Campione d’Italia con la Lazio nel 1974
CHINAGLIA Giorgio. Nato a Carrara il 24 gennaio 1947. Calciatore. Campione d’Italia con la Lazio nel 1974. In nazionale 14 presenze e 4 reti. «Rissoso, carissimo, irascibile. Amato e odiato, discusso e incensato. Per tutti Long John. Fu inarrestabile quell’anno Chinaglia. Stagione 1973 74, Lazio campione d’Italia, una fantastica prima volta. Mise 24 timbri su quello scudetto Giorgio Chinaglia: nove gol nel girone d’andata, 15 in quello di ritorno in cui l’attaccante di punta di Tommaso Maestrelli fece davvero sfracelli. Indimenticabile la tripletta al San Paolo di Napoli, la sua prima in serie A. Rispose colpo su colpo a Clerici e Juliano che, per tre volte, avevano portato in vantaggio la squadra di Vinicio. Un suo rigore, trasformato contro il Foggia il 12 maggio del ’74, diventa storia. Perché quel gol diede ai biancocelesti la sicurezza del tricolore. Nessuno riuscì a fermare la forza d’urto di Long John che qualche anno prima la leggenda Omar Sivori aveva definito un giocatore ”con l’eleganza di un elefante in una cristalleria”. Pareri contrastanti: Manlio Scopigno, tecnico dello scudetto del Cagliari, aveva fatto il possibile per portarlo in Sardegna: voleva affiancarlo a Gigi Riva. Chinaglia era un personaggio [...] faceva il cantante, il presentatore radiofonico, era proprietario di una boutique d’alta moda maschile, oltreché imprenditore edile. E, soprattutto, guidava quella banda di matti che era la Lazio. Una squadra che durante la settimana faceva a cazzotti in spogliatoio e che costringeva il povero Maestrelli a far finire le partitelle interne in parità per evitare spiacevoli inconvenienti. Poi, però, in campo, quel gruppo di amici si trasformava e metteva paura a chiunque. Chinaglia era un leader incontrastato, la sua carica era fondamentale. Andava sotto la curva romanista a sbeffeggiare i tifosi avversari. [...] Non ha mai fatto mistero, Long John, di aver tirato nei calci nel sedere ai compagni più giovani che non remavano nella giusta direzione. Capitò a Vincenzo D’Amico [...]» (fr. vell. ”La Gazzetta dello Sport” 31/3/2005). «Attaccante di pregio e dotato di personalità da leader, si mette in luce giovanissimo a Cardiff, in Galles, dove la famiglia si era trasferita in cerca di fortuna. Entra poi nelle giovanili dello Swansea, ma dopo gli allenamenti deve pulire le tribune e le scarpe dei giocatori della prima squadra. Nel 1966 torna in Italia per il servizio militare e viene tesserato dalla Massese, passa poi all’Internapoli, dove lo scopre la Lazio. [...] intorno a lui che Maestrelli (tecnico della Lazio del 1971), costruisce la squadra che vince lo scudetto nel 1974 [...] La sua carriera in azzurro è travagliata: è uno dei protagonisti della prima vittoria italiana a Wembley (14 novembre 1973), ma ai mondiali di Germania del 1974 si ribella in diretta televisiva al commissario tecnico Valcareggi [...] Nel 1976 accetta l’offerta dei Cosmos di New York e con Pelé, Moore e Beckenbauer contribuisce a lanciare il calcio negli Usa. Nel 1983 torna in Italia come presidente della Lazio, in quello che definisce un atto d’amore verso i tifosi, ma che produce risultati assai modesti. Diventa poi commentatore tv» (F.M., Enciclopedia dello Sport, Treccani 2002). « il missionario che diffonde il sacro verbo del pallone nelle terre infestate da infedeli baskettari, della palla ovale e di mazza e guantone: l’America. Nel 1976 compì la prima traversata e allora lasciò che a parlare fossero i suoi piedi: giocò con i formidabili Cosmos e con loro segnò caterve di gol (242), illudendo il Paese che il celebre ”soccer” avesse trovato qui il proprio gregge. [...] ”Mi pagavano bene, ma la molla che mi fece venire fu l’amicizia con Steve Ross, il capo della Warner proprietaria dei Cosmos. Lo conobbi quando con la Lazio, nel ’72, facemmo un tour a New York. Mi davano un milione di dollari, ma facevo anche il manager della società. Finivo l’allenamento e andavo in ufficio a sgobbare. Me li sono guadagnati quei soldi [...] Io prendevo 130 milioni alla Lazio, a volte 3 milioni solo di premio. La gente normale prendeva 200 mila lire al mese. Non scherziamo. Ero un re. E a Roma non pagavo neppure al ristorante”» (Riccardo Romani, ”Corriere della Sera” 26/7/2003).