Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2002  novembre 19 Martedì calendario

Mutter AnneSophie

• . Nata a Rheinfelden (Germania) il 29 giugno 1963. Violinista. «Aveva cinque anni quando chiese ai suoi genitori di farle studiare violino. Dieci quando debuttò come solista al Festival di Lucerna. Tredici quando la scoprì Herbert von Karajan. Quindici quando il musicista svizzero Paul Sacher la fece suonare con la sua Kammerorchester Basel. [...] Quando comparve sulla scena musicale degli Anni Ottanta - alta, bionda, elegantissima nei bustier blu cobalto che esaltavano il suo pallore molto tedesco - lasciò tutti sbalorditi: mai una musicista classica aveva osato mostrare così impavidamente la propria bellezza. Era così brava che se lo poteva permettere. E aveva alle spalle uomini che le davano sicurezza. Sempre molto più anziani di lei, sempre rispettosi del suo talento, sempre pigmalioni. Il suo primo marito - l’avvocato tedesco Detlef Wunderlich, che lei sposò a 26 anni - era un amico del padre e aveva 28 anni più di lei. morto di cancro nel 1995. Il secondo - André Previn [...] - ne ha 35 di più. E a sua volta ha sempre amato donne molto più giovani: negli Anni Settanta era sposato con l’attrice Mia Farrow. Il suo ideale amoroso, spiegò una volta Anne-Sophie Mutter in un’intervista, sono Filemone e Bauci, gli sposi innamorati e devoti della mitologia greca. Avrebbe voluto invecchiare insieme all’amore della sua giovinezza, ma così non è stato. Di quel matrimonio le sono rimasti due figli, Arabella e Richard. [...] ”La musica non è come un paio di scarpe, che si ordinano e sono subito pronte. La musica richiede tempo e ispirazione. Pazienza, anche. Io sono impaziente... ma non lo faccio vedere!”» (Marina Verna, ”La Stampa” 16/2/2005). «Sembra una ragazzina. Bella come una top-model, seppur minuta, pantaloni aderenti a grossi pois, sandali ciabatta ricamati. Non fosse per il suo prezioso Stradivari che tiene stretto come la coperta di Linus, non la diremmo una grande violinista. La più acclamata e la più riservata. Bambina prodigio, lanciata tredicenne nel 1977 a Salisburgo, da Karajan (’Il mio primo maestro, ma la mia insegnante era la famosa violinista Alda Stucchi Pieraccini”). Carriera fulminante con i massimi direttori, Levine, Ozawa, Mazur. [...] sposata, in seconde nozze, con André Previn, una trentina d’anni più vecchio di lei, vive a Monaco di Baviera. [...] ”Il violino permette di scolpire la musica, dipingere un brano con un’ampia varietà di suoni. Ho mostrato uno dei miei violini qualche anno fa nello straordinario museo di Cremona, il cui direttore apre ogni giorno le vetrine e suona gli strumenti. Voi italiani siete gli unici a capire che devono vivere [...] C’è molto buona musica contemporanea. Il problema per noi artisti è capire il brano, sentirlo vicino e portarlo in dono al pubblico. Devo vivere con questa nuova musica. Purtroppo numerosi compositori inseguono la chimera di scrivere qualcosa completamente nuovo ricercando più gli effetti che la bellezza del linguaggio”» (Laura Dubini, ”Corriere della Sera” 5/6/2004). «Adoro Beethoven, con cui sento una speciale affinità. La sua musica respira di bellezza pura e di sensibilità della vita. [...] Ho una mia fondazione a Monaco che si occupa di giovani musicisti di diversi paesi: l’obiettivo, più che incrementare il loro talento in uno strumento specifico, è aprire al massimo la loro mente. Per diventare bravi musicisti non basta saper far bene musica da camera: bisogna conoscere sinfonie, opere, letteratura. Vivere, studiare, avere il senso della comunità. E cominciare a fare tutto questo molto presto [...] A volte mi capita di sentire alla radio un brano e di emozionarmi tanto da piangere. E scopro che è Karajan a dirigere. Nelle sue esecuzioni non c’è mai un momento in cui la musica è ”semplicemente” suonata bene, senza intensità né significato. una qualità che si trova raramente nelle interpretazioni degli ultimi 25 anni. Aveva un culto tremendo della disciplina, che però viveva in lui come conseguenza naturale del suo amore per la musica. Era un uomo meraviglioso, ma poteva essere molto duro. Con quel suo terrificante sguardo blu era capace di fulminare gli orchestrali. Ma in tal modo riusciva anche a tirare fuori il meglio. Quanto al suo insegnamento, avere un punto di vista molto personale è l’essenza del fare musica, e lui me l’ha trasmessa. Libertà e massimo coinvolgimento emotivo: questo mi ha insegnato Karajan» (Leonetta Bentivoglio, ”la Repubblica” 16/11/2002).