Simon Singh, "Codici e segreti", Rizzoli, 6 dicembre 1999
Secondo gli eruditi del Seicento, i geroglifici dovevano essere ”semagrammi”, ovvero elementi di una scrittura primitiva che tendeva a dpingere i pensieri e corrispondeva non a suoni linguistici ma a concetti
Secondo gli eruditi del Seicento, i geroglifici dovevano essere ”semagrammi”, ovvero elementi di una scrittura primitiva che tendeva a dpingere i pensieri e corrispondeva non a suoni linguistici ma a concetti. Partendo da questo presupposto, il gesuita tedesco Kircher, nel 1652, pubblicò un dizionario di interpretazione allegoriche dal titolo ”Oedipus aegyptiacus”, e su quello si basò per una serie di traduzioni tanto affascianti quanto errate. Ad esempio, la manciata di geroglifici che oramai sappiamo rappresentare semplicemente il nome del faraone Apries, Kircher li aveva tradotti così: «I benefici del divino Osiride vanno procurati per mezzo di cerimonie sacre e della catena dei geni, affinché i benefici del Nilo siano otenuti».