Giovanni Fasanella, LíEspresso 02/09/1999., 2 settembre 1999
Massimo D’Alema e la moglie Linda Giuva non portano le fedi al dito, lui perché gli fa allergia, lei perché non le entra più
Massimo D’Alema e la moglie Linda Giuva non portano le fedi al dito, lui perché gli fa allergia, lei perché non le entra più. Le avevano comprate due giorni prima di sposarsi e non ebbero il tempo di far incidere la data delle nozze. Linda non ha un ricordo piacevole del giorno del matrimonio, celebrato al Campidoglio: «C’era confusione e gli invitati arrivati in ritardo non riuscivano a capire qual era il loro matrimonio, vagavano alla ricerca del loro gruppo». I futuri sposi parcheggiarono al Circo Massimo e fecero tutta la strada a piedi tra gli autobus perché i parenti avevano finito i permessi concessi dal comune per salire in auto sul colle. Lei acquistò il vestito («un abito a fiori, molto vivace, senza nessuna particolarità») appena due giorni prima perché era incinta di sei mesi e cresceva a vista d’occhio. Lui riciclò quello delle buone occasioni («un vestito carta da zucchero scuro»), limitandosi ad acquistare una cravatta a Bologna, dove si trovava il giorno prima con un compagno di federazione («Massimo, ovviamente, ha lavorato fino al giorno prima»). Viaggio di nozze: tre giorni nel casale dei genitori di lui, a Montefalco, in Umbria, vicino a Foligno: «Una grande costruzione, con un grande camino, una grande cucina, dà l’idea del grande ricovero, del calore familiare». La signora racconta che il marito ha un profondo senso della famiglia e ama giocare coi figli, Francesco e Giulia. Col maschio fa la lotta coi cuscini: «Le spade sono state tolte dalla circolazione anche se a Francesco piacciono». Il nome della femminuccia ha un’assonanza con i nomi delle donne di Massimo: «La prima moglie si chiama Gioia, la compagna degli anni di Bari Giusi, e io mi chiamo Giuva di cognome». Lei non se la cava molto bene in cucina e lo chiama di continuo per chiedergli consigli: «Quand’era capogruppo alla Camera, attraverso il telefonino sentivo dibattiti accesissimi intorno a lui, mentre noi parlavamo della cottura». La sera che mise un pregiato zampone nella pentola a pressione, lui, scocciato, le tolse la parola per un quarto d’ora.