Jenner Meletti, L’Unit, 08/09/1999, 8 settembre 1999
«Pensavo fosse selvaggina», dice Franco Sommi, 55 anni, artigiano. Un’occhiata alla carraia, quando passa per andare alla sua azienda da artigiano, la dà sempre
«Pensavo fosse selvaggina», dice Franco Sommi, 55 anni, artigiano. Un’occhiata alla carraia, quando passa per andare alla sua azienda da artigiano, la dà sempre. «Si vedono le lepri, al mattino presto», e lui ha la passione della caccia. «Ho visto qualcosa, mi sono fermato». Alle 7 telefona alla caserma di Pegognaga. «Ci sono due morti». Poi si avvicina ai corpi, e chiama ancora. «No, i morti sono quattro. Due sono nascosti nel frumentone e nella soia. Vi decidete a venire, che io faccio tardi al lavoro?». Pattuglie, sirene, lampeggianti. E le notizie si accavallano e si annullano. «Sono stati ammazzati e bruciati». «No, non ci sono colpi da arma di fuoco, sono stati ammazzati a botte e poi dati alle fiamme. Forse c’è un collegamento con la rissa avvenuta nel bresciano. Sapete, là gli indiani si sono picchiati fra di loro». «Guardando meglio, non ci sono ustioni. l’effetto della decomposizione». Il medico legale, Giorgio Gualandri, osserva a lungo, poi dice soltanto: « un vero mistero. Non ci sono né ferite evidenti, né ustioni. Sono quattro giovani tra i 25 e i 35 anni. Sono morti da almeno 48 ore, forse settanta». «Sono tutti maschi, e sono – dicono i carabinieri – indiani, pakistani, dello Sri Lanka, o giù di lì. Asiatici, comunque. Avevano addosso soltanto le mutande. Non sono stati rapinati: due avevano l’orologio, gli altri un braccialetto ed un anello. Secondo gli esperti, potrebbero essere morti per avvelenamento o asfissia».