Sebastiano Messina, la Repubblica, 24/11/1999., 24 novembre 1999
Amintore e Maria Pia Fanfani, insieme per 25 anni, si conobbero a una cena in casa dell’ambasciatore polacco a Roma
Amintore e Maria Pia Fanfani, insieme per 25 anni, si conobbero a una cena in casa dell’ambasciatore polacco a Roma. Al tempo lui era «vedovissimo», lei «sposatissima». Tra i due nacque subito una profonda amicizia, «perché non poteva esserci altro». Quando rimase vedova anche lei, lui prese a telefonarle, a invitarla a pranzo, insomma a farle la corte. Le nozze, però, slittavano di continuo per i tanti impegni del politico: «Io avevo persino il Papa dalla mia parte. Una volta che Paolo VI mi ricevette, mi chiese a bruciapelo: ”Ma allora questo matrimonio?”. ”Santità, continuiamo a rimandarlo per gli impegni di Amintore”. ”Senta, intanto io vi faccio in anticipo il mio regalo”, e mi diede uno stupendo crocifisso. ”Dica al presidente che io benedirò le vostre nozze”». Quando nel luglio ’75 Fanfani si dimise da segretario della Dc, la signora pensò che era finalmente giunto il momento delle nozze. «Tornò dal Consiglio nazionale e mi trovò a casa sua: ”E lei cosa ci fa qui?”, mi chiese, perché ci siamo dati del lei fino al giorno del matrimonio. ”Sono qui per farmi sposare”». Si scambiarono le fedi una domenica d’agosto, nella sagrestia della chiesa di san Giuseppe, in segreto, senza fotografi. Subito dopo scapparono sulla Seicento dell’autista. Lei, già attivissima nel volontariato, gli chiese il permesso di continuare il suo impegno nelle missioni umanitarie. Lui accettò, ma tutto il resto si doveva fare a modo suo: «Calze anche ad agosto, gonne castigatissime, mondanità addio. Una volta lo portai nella casa di Portofino, dopo venti minuti scappò via come se sentisse odore di lusso peccaminoso». Adesso la signora Fanfani sente di aver perso il suo «faro»: «Ci amavamo. Una volta, partendo per la Bosnia, gli dissi: Amintore, torno presto. Non tornare presto, torna prestissimo, mi rispose. Quando uscii, scoppiai a piangere. Capivo quanto ero diventata importante per lui. Anche stavolta speravo di farlo vivere ancora per un anno, come l’ultima volta. Ma poi ho visto che era tutto inutile, che era finita: mi stava morendo tra le braccia. Siamo arrivati sulla riva del fiume, gli ho sussurrato, ma tu non sei voluto salire sulla mia barca per raggiungere l’altra sponda: stavolta dovrò andarci da sola, Amintore mio...».