Paolo Foschini, Corriere della Sera, 02/12/1999, 2 dicembre 1999
Al pm pavese Mauro Vitiello lo aveva già detto: «Perché non ne potevo più di essere picchiata, perché a ogni schiaffo che prendevo da un uomo rivivevo tutti quelli presi da mio padre»
Al pm pavese Mauro Vitiello lo aveva già detto: «Perché non ne potevo più di essere picchiata, perché a ogni schiaffo che prendevo da un uomo rivivevo tutti quelli presi da mio padre». E ora, con un tono quasi dolce, del tutto fuori verbale aggiunge: «Perché io sopportavo, sopportavo, sopportavo finché - dice - non mi facevano qualcosa di intollerabile, che mi faceva esplodere: e allora, quando mi scattava quella reazione dentro, mi veniva una forza tremenda, incontrollabile. E non riuscivo a fermarmi, fino a quando non respiravano più». questa la fine che fecero il suo secondo marito, Mario Fogli (strangolato nel sonno, dopo l’ultimo litigio e vegliato in balcone sino al mattino dopo, mentre le due figlie piccole dormivano); e un usuraio veneto di 83 anni, Giusto Della Pozza («Voleva costringermi ad andare a letto con lui per un debito, gli ho ficcato una lampada sulla testa»); e un tornitore del Pavese, Angelo Porrello, a casa del quale si era «rifugiata», ritrovandosi in cambio con lui addosso a strapparle i vestiti (lei reagì avvelenandolo e gettandolo nella porcilaia).