Carlo Vulpio, Corriere della Sera, 07/12/1999, 7 dicembre 1999
«Sono comparsi davanti a noi all’improvviso, come se fossero usciti dal sottosuolo. Erano una decina, forse di più, tutti con il volto coperto
«Sono comparsi davanti a noi all’improvviso, come se fossero usciti dal sottosuolo. Erano una decina, forse di più, tutti con il volto coperto. E sparavano come indemoniati. Sono stati dieci minuti d’inferno, ero sicuro di esser morto anch’io». Giuseppe Quarta, uno dei tre vigilantes sopravvissuti alla strage di Copertino, fa la guardia giurata da vent’anni. Non è la prima volta che rischia la pelle. Nella sua carriera di «vigile scelto ed emerito di servizio» ci sono state almeno tre sparatorie in cui ha pensato che non sarebbe tornato più a casa, dalla moglie Maurizia e dai figli Antonio, Lorenzo ed Erica. Per due milioni e quattrocentomila lire al mese, assegni familiari compresi. [...] «Finora - dice - con i miei colleghi avevamo affrontato delinquenti armati persino di fucili a pompa caricati a pallettoni. Mai però avevo visto tanti kalashnikov tutti insieme. Le pallottole piovevano come noci di grandine. Saranno state cento, duecento, non so. Troppe per pensare di poter reagire al fuoco. Sparare a nostra volta sarebbe stato inutile».