Carlo Vulpio, Corriere della Sera, 07/12/1999, 7 dicembre 1999
Tace per lunghi attimi, Giuseppe Quarta. Il suo fisico è possente, alla Mike Tyson, ma i suoi occhi tradiscono il dolore e la commozione per ciò che sta per dire
Tace per lunghi attimi, Giuseppe Quarta. Il suo fisico è possente, alla Mike Tyson, ma i suoi occhi tradiscono il dolore e la commozione per ciò che sta per dire. «Io ho riaperto gli occhi - ripete -, ma ho visto l’orrore. Di Rodolfo, ho visto solo la mano che stringevo. Di Raffaele, soltanto la testa...». L’esplosione li aveva dilaniati. [...] «Io ce l’ho fatta, loro no - dice Giuseppe -. Perché? Sarà che ciascuno di noi ha un destino a cui non può sfuggire? Oppure a me mi ha protetto la Madonna? E perché a me sì e a loro no? Non è giusto che stasera tante famiglie siano in lutto per colpa di bastardi assassini». Pensa alla cena di sabato scorso, Giuseppe, che avevano fatto tutti insieme a Porto Cesareo. «Eravamo amici, capisce, amici prima che colleghi. Erano anni che lavoravamo assieme. Questa sera, sarei stato di turno con Rodolfo, e invece sono qui a dirmi che lui non c’è più».