Piero Colaprico, La Repubblica, 19/12/1999, 19 dicembre 1999
«Signora, ce lo dica: dove ha messo suo figlio?». Erano passate da poco le dieci di venerdì sera quando la domanda di un colonnello dei carabinieri è arrivata come una fucilata su questa donna chiusa, forte, di 36 anni
«Signora, ce lo dica: dove ha messo suo figlio?». Erano passate da poco le dieci di venerdì sera quando la domanda di un colonnello dei carabinieri è arrivata come una fucilata su questa donna chiusa, forte, di 36 anni. Lei ha abbassato gli occhi, e non ha risposto. Ha piegato la testa proprio come aveva fatto anni fa quando aveva saputo che sua madre si era suicidata buttandosi nel fiume. Lo stesso fiume dove lei ha lasciato cadere il suo bambino. «Parli signora», ha ripetuto l’investigatore nella casa dove ogni soprammobile ha il suo posto, mamma Marisa ha compreso in quel momento che il suo alibi, il giallo che aveva inventato e studiato si andava dissolvendo. Ha continuato però a confondersi e a confondere, finché uno dei tanti dettagli della sua messa in scena, l’oggetto più legato al suo piccolo, lo zainetto con pannolini e fazzolettini sterili, è riapparso dalla notte e l’ha fatta crollare. «Sì, sono stata io, l’ho lasciato lì, Giorgio, accanto al cassonetto», ha tentato di difendersi, e c’è voluto ancora del tempo perché tra le lacrime e un groppo alla gola che pareva soffocarla ammettesse: «Non l’ho abbandonato, l’ho fatto cadere nel fiume...», dov’è morto subito - stabilirà l’autopsia - per il gran freddo, praticamente senza acqua nei polmoni. «Sarà durata un minuto ma ha patito le pene dell’inferno», aggiunge il procuratore capo.