Sigmund Freud su "Psicopatologia della vita quotidiana", Astrolabio., 6 giugno 2001
"Nel procedimento terapeutico che uso per eliminare e risolvere sintomi nevrotici, si presenta spesso il compito di rintracciare nelle frasi e associazioni dei pazienti, fatte cadere come per caso, un contenuto di pensiero, il quale effettivamente tenta di nascondersi ma che invece non può fare a meno di tradirsi, malgrado le sue intenzioni, nei modi più molteplici
"Nel procedimento terapeutico che uso per eliminare e risolvere sintomi nevrotici, si presenta spesso il compito di rintracciare nelle frasi e associazioni dei pazienti, fatte cadere come per caso, un contenuto di pensiero, il quale effettivamente tenta di nascondersi ma che invece non può fare a meno di tradirsi, malgrado le sue intenzioni, nei modi più molteplici. Di ciò, il lapsus ci rende spesso i servizi più preziosi; e lo potrei mostrare su esempi oltremodo convincenti e d’altra parte estremamente strani. I pazienti parlano per esempio della loro zia chiamandola sempre e continuamente, senza accorgersi del lapsus, "mia madre", oppure parlando del marito dicono sempre "il fratello". Un giovanotto di vent’anni mi si presenta in ambulatorio con le parole: "Io sono il padre di N. N., che lei ha avuto in cura... mi scusi volevo dire il fratello; egli ha quattro anni più di me". Io comprendo che con questo lapsus egli vuol esprimere il fatto che tanto lui quanto il fratello si sono ammalati per colpa del padre e che egli, come suo fratello, chiede di essere guarito, ma che il padre è la persona che più degli altri ha bisogno di guarigione. In tutti i disturbi della parola, nei più rozzi e nei più sottili, che in un modo o nell’altro entrino nella categoria dei lapsus, trovo dunque l’influenza di pensieri estranei all’intenzione che provoca il discorso, e sufficienti a spiegare il lapsus che si è vericata" (Sigmund Freud).