18 giugno 2001
Quaroni Esposito Gabriella, di anni 72, minuta, un caschetto di capelli bianchi, battuta sempre pronta, docente d’architettura alla Sapienza di Roma, vedova del noto architetto Quaroni Ludovico, viveva da sola a Trastevere
Quaroni Esposito Gabriella, di anni 72, minuta, un caschetto di capelli bianchi, battuta sempre pronta, docente d’architettura alla Sapienza di Roma, vedova del noto architetto Quaroni Ludovico, viveva da sola a Trastevere. Suo figlio Quaroni Emilio Massimiliano, di anni 33, magro, capelli neri, sguardo vivace, eccentrico nel vestire, musicista a tempo perso, aria stralunata, tornato poco tempo fa dopo un anno trascorso in Inghilterra, viveva in un’altra casa, piena di organi, sempre a Trastevere. Intorno all’ora di pranzo di lunedì scorso si presentò in casa della madre. Forse per vendicarsi della sua eccessiva severità, forse per un momento di follia, le spaccò sulla fronte il portacoltelli in legno che si trovava in cucina e le tagliò i polsi fino all’osso con una lametta. Ripulì alla meglio corridoio e ingresso, lasciando tuttavia molte macchie, lasciò spazzolone e secchio pieno di acqua rossastra nel terrazzo, lanciò il portacoltelli in un angolo vicino alla cucina e se ne andò. Il giorno dopo si presentò a casa degli zii in calze da donna e pantofole. Interrogato dai carabinieri, disse, fra l’altro: ”Sono una rana, mi chiamo Nano e sono figlio di Erik il Vichingo”. Al primo piano di una elegante palazzina in stile littorio di fronte a ponte Sisto, la statua di un cane dritto sulle zampe nell’ingresso, su una parete l’insegna in legno di fine Ottocento: ”L’exemple est la plus belle forme d’autorité”.