Beppe Severgnini, "Manuale dellíimperfetto viaggiatore", Rizzoli., 28 giugno 2001
«Il motivo per cui New York piace tanto a noi italiani è semplice: ne abbiamo paura. Certo: essendo abili nel bluff, dipingiamo il nostro timore con i colori dell’entusiasmo
«Il motivo per cui New York piace tanto a noi italiani è semplice: ne abbiamo paura. Certo: essendo abili nel bluff, dipingiamo il nostro timore con i colori dell’entusiasmo. Ma in realtà New York ci spaventa. E’ il disagio che ci rende schiavi di questo posto... Ogni strada sembra quella sbagliata, ogni infrazione rischia d’irritare poliziotti monumentali, ogni faccia potrebbe essere quella di un genio, di un killer o di un altro turista particolarmente stanco. Arrivando a Manhattan, intuiamo di essere sbarcati in un laboratorio dove le cavie potremmo essere noi. La sensazione è sconvolgente, soprattutto se un tipo barbuto ci insegue gridando che la fine del mondo è fissata per giovedì all’ora del lunch. Alla paura non segue il piacere della calma ritrovata, come in ogni altra città del mondo. Alla paura segue invece l’euforia per essere stati capaci di cavalcare il drago. Combinato alla nostra eccitazione costituzionale e al jet-lag, questo umore diventa esplosivo. Noi ci stupiamo dei newyorkesi; ma i newyorkesi sono sbalorditi da noi... Ho conosciuto ragazzine italiane che all’arrivo sembravano Alice nel paese delle meraviglie, e dopo dieci giorni intimidivano il taxista del Bronx» (Beppe Severgnini).