5 luglio 2001
Ore 10 di una qualsiasi mattina in città. Chiavi di casa in mano, nota della spesa in tasca, bambino nel passeggino
Ore 10 di una qualsiasi mattina in città. Chiavi di casa in mano, nota della spesa in tasca, bambino nel passeggino. ora di uscire. L’aria è pesante: un odore acre ti prende alla gola. Tutta colpa dello smog, parola inglese derivata dall’unione di smoke (fumo) e fog (nebbia). Fu coniata negli Anni 50 a Londra, quando si materializzò, per la prima volta, una fitta nebbia mista a fumi di carbone. A soffrire maggiormente a causa dell’inquinamento sono i bambini. «Il loro apparato respiratorio non è ancora completamente formato», spiega il professor Mariano Antonelli, pediatra dell’università La Sapienza di Roma, «ed è ampiamente dimostrato che lo smog ne influenza in modo negativo lo sviluppo». Soprattutto perché i bambini respirano più aria degli adulti e quella che finisce nei loro polmoni è in assoluto della peggiore qualità perché più vicina al suolo. I gas di scarico delle auto (come il monossido di carbonio, il biossido di azoto, il piombo e il benzene) insieme alle invisibili, ma nocive polveri di lattice derivate dal deterioramento dei copertoni delle auto sull’asfalto, sono un cocktail che mette a dura prova i più piccoli. «Le esalazioni irritano e infiammano le mucose del naso, della gola e dei bronchi, abbassando le capacità dei meccanismi di difesa del bambino», spiega Antonelli, «e si cronicizzano anche i mal di gola, le bronchiti e le broncopolmoniti. L’evoluzione di queste patologie può dare luogo ad attacchi di asma». Certo, i dati non sono confortanti. Ma è possibile tamponare il problema con piccoli accorgimenti, scegliendo le ore meno a rischio per uscire con i bambini e aiutandoli fra le quattro mura di casa.