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 2001  luglio 07 Sabato calendario

La sera del 12 gennaio 1320, in un palazzo milanese, Antonio Pelacane, filosofo naturalista e medico dei Visconti, incontra segretamente Pietro da Marano, negromante, detto "Nan" per le sue deformi proporzioni

La sera del 12 gennaio 1320, in un palazzo milanese, Antonio Pelacane, filosofo naturalista e medico dei Visconti, incontra segretamente Pietro da Marano, negromante, detto "Nan" per le sue deformi proporzioni. Sul tavolo della stanza in cui si chiudono c’è un libro di magia nera, procurato dal giudice eretico Scoto da San Gimignano; sotto la lucerna, una statuetta d’argento lunga un palmo che rappresenta una figura umana (sulla fronte reca incise le parole «Iacobus, papa Johannes», Papa Giovanni XXII, sul petto segni cabalistici e il nome del demone "Amanyon"). Pietro "Nan" versa sulla testa della statuetta succo di napello e altri decotti velenosi, recitando formule malefiche sino all’alba. Il sortilegio contro il Papa si ripete per nove notti, poi per settantadue giorni consecutivi la statuetta viene esposta alternativamente al gelo e al vapore: secondo il libro di magia, Giovanni XII sarebbe morto appena finiti i decotti venefici (il pontefice, invece, si mantiene in perfetta salute per altri quattordici anni). Informato della congiura ordita contro di lui dal chierico Bartolomeo Cagnolato, un esperto di arti magiche che riesce a trafugare la statuetta e a portargliela ad Avignone, il papa dichiara eretici i mandanti del sortilegio. Dalle carte del processo emerge che a un certo punto Galeazzo Visconti decide di affiancare a Pietro "Nan" un «altro esperto di arti occulte», Dante Alighieri. Nessuno storico ha finora chiarito il ruolo di Dante nella congiura magica, ma più di una coincidenza confermerebbe la sua partecipazione al sortilegio: l’esplicita avversione per quel papato, l’incontro con i Visconti a gennaio di quell’anno, la fama di possedere facoltà sovrumane (secondo Boccaccio, la gente pensava fosse un mago perché «scende nell’inferno e torna quando gli piace»). Inoltre, la statuetta consegnata al Papa ha inciso sulle spalle il nome di un altro demone, Meruyn, a riprova di un secondo rito. Il medievista Franco Cardini pensa che un coinvolgimento di Dante nella congiura magica sia «assolutamente verosimile: «Dante era stato allievo di Brunetto Latini, che visse a lungo nella reggia spagnola di Alfonso X detto il Savio, cioè il sapiente, il mago: poteva non aver appreso qualcosa delle forme sapienziali e dei misteri ermetici che vi avevano portato gli arabi?».