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 2001  luglio 10 Martedì calendario

Nel luglio del 1963, i dirigenti della Mira Lanza chiesero ai fratelli Nino e Toni Pagot «qualcosa di bello» per vendere «un sapone per bucato con perborato stabilizzato»

Nel luglio del 1963, i dirigenti della Mira Lanza chiesero ai fratelli Nino e Toni Pagot «qualcosa di bello» per vendere «un sapone per bucato con perborato stabilizzato». Serviva un personaggio capace di intenerire le casalinghe, un pulcino sfortunato, nero per poter essere punito nel "finalino", i 15 secondi conclusivi in cui era permesso citare il prodotto. Lo chiamarono come la chiesa di san Calimero, dove si era sposato Toni. Lui era nel mestiere da quasi vent’anni: emigrato a Londra, aveva lavorato per la Technicolor (oltre a vendere parmigiano ai connazionali). Intanto il fratello Nino, rimasto a Milano, aveva conosciuto un tecnico tedesco dell’Agfa: insieme realizzarono il primo cortometraggio europeo a colori e adattarono in italiano i cartoni di Hanna&Barbera, dall’Orso Yoghi agli Antenati («a cui regalarono la frase che li rese famosi, quel "Wilma dammi la clava" che i due di Hollywood non scrissero mai»). Nino Pagot morì agli inizi degli anni Settanta, un anno prima della fine di Carosello. Toni si dedicò ai fumetti, scrivendo per "Il Giornalino", il settimanale per bambini dei paolini, i testi della biografia di papa Wojtyla. Sognava di vedere Calimero sui network americani, invece il pulcino è diventato il protagonista di una serie tv giapponese, di un sito internet, di gadget ricercati dai patiti di modernariato, di un modo di dire: «e quando un personaggio genera un nome comune, rompe la barriera dell’immortalità per entrare nel mito: si è un calimero come si è un dongiovanni, un casanova, un donchisciotte, una cenerentola, un giuda...» (Umberto Eco).