Christopher Isherwood, La violetta del Prater, Einaudi, 17 luglio 2001
Il film. «L’autentica bellezza del film è che possiede un certo ritmo fisso. Il modo in cui lo si vede è condizionato meccanicamente
Il film. «L’autentica bellezza del film è che possiede un certo ritmo fisso. Il modo in cui lo si vede è condizionato meccanicamente. Un quadro, per esempio, lo si può guardare solo fuggevolmente, o se ne può fissare l’angolo in alto a sinistra per mezz’ora di seguito. La stessa cosa vale per un libro. L’autore non può impedirvi di saltare le pagine, o di andare a leggere l’ultimo capitolo, scorrendole poi a ritroso. Insomma, si è liberi di scegliere il proprio approccio. Ma quando si va al cinema è diverso. C’è il film, e lo si deve vedere come il regista vuole che lo si veda. Lui stabilisce i punti, uno dopo l’altro, e vi concede un certo numero di secondi o di minuti per coglierli ad uno ad uno. Se vi lasciate sfuggire qualcosa, non si ripeterà né si fermerà per spiegarvelo. Non può. Ha cominciato e deve andare fino in fondo... Vedete, il film è veramente una specie di macchina infernale».