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 2001  luglio 12 Giovedì calendario

«Anche a quest’assurdità ci siamo impegnati... Restituire l’obelisco di Axum all’Etiopia... E’ il solito buonismo depravato, il solito pentimento senza radici nella sensibilità, ma bene impiantato nella politica

«Anche a quest’assurdità ci siamo impegnati... Restituire l’obelisco di Axum all’Etiopia... E’ il solito buonismo depravato, il solito pentimento senza radici nella sensibilità, ma bene impiantato nella politica... Ha ragione Sgarbi: tenerlo a Roma dov’è ornamento; ad Axum gli altri obelischi, tanti ma coricati e dimenticati, non lo riconoscerebbero, è via da quasi settant’anni, gli ringhierebbero come a un usurpatore: ”Vattene a Roma, figlio d’una lupa!”. Frutto di rapina di guerra, non c’è dubbio. Ma un gesuita di buona epoca obietterebbe: ”Andiamo piano: la rapina fu compiuta in un paese che allora era per tutti l’Abissinia, abissini i suoi abitanti. E dall’Abissinia non è venuta nessuna rivendicazione. All’Etiopia, paese ignoto agli italiani del 1935 – ’40, non fu sottratto nulla. Fu una trista guerra coloniale, un’aggressione delle peggiori, però ne resta il marchio di guerra abissina. L’obelisco, in mancanza di Abissinia, può restare romano!”. E’ un argomento gesuitico, un sofisma, un pretesto. Quando andai a vivere a Roma, l’Axum era là da un bel pezzo, tra il Circo Massimo e l’erigenda Fao, e non stonava affatto, come non stona al Testaccio la stramberia egizia, la scopiazzatura romana delle piramidi, quella di Caio Cestio, oggi sdoppiata in Piramide, buco nero di stremata e cremosa Metropolitana. Davvero non mi riesce d’immaginare quel vasto spazio vedovato dell’obelisco, che almeno non è di Piacentini, è archeologia precristiana pura, fascista di rapina ma non, come l’EUR o via della Conciliazione, di stile...» (Guido Ceronetti).