Filippo Ceccarelli, "Lo stomaco della Repubblica", Longanesi, 2000, 25 luglio 2001
«Nel dopoguerra, il pane era "un impasto mostruoso di frumento, granturco, ceci, scorze d’olmo e foglie secche di gelso
«Nel dopoguerra, il pane era "un impasto mostruoso di frumento, granturco, ceci, scorze d’olmo e foglie secche di gelso. Cambiava colore, oltretutto, da un giorno all’altro diventava bianco, poi nero, per tornare a un ’accettabile grigiore’. Pietro Ingrao, una volta, vide in una vetrina di viale regina Margherita "una di quelle cose informi nominata pane. Sapevo benissimo che non era nulla di simile al pane. Ma ho detto: lo mangio lo stesso. Appena ho dato il primo morso, l’ho sputato"».