Giuliano da Empoli, "La guerra del talento. Meritocrazia e mobilit nella nuova economia", Marsilio 2000, 1 agosto 2001
«Dai tempi di Caino e Abele, le popolazioni stanziali osservano i nomadi con un misto di paura e di riverenza
«Dai tempi di Caino e Abele, le popolazioni stanziali osservano i nomadi con un misto di paura e di riverenza. "Nessuno di loro ara i campi, né tocca mai un aratro. Non sanno che cosa sia la patria, la legge o un’esistenza stabile, e continuano a vagare da un luogo all’altro sui loro carri. Se si chiede a uno di loro da dove viene, risponderà di essere stato concepito in un luogo, partorito molto lontano da lì, e allevato ancora più lontano". Nelle parole di Ammiano Marcellino c’è tutto il conflitto tra agricoltura e pastorizia, tra stanzialità e nomadismo che ha plasmato buona parte dell’evoluzione umana. Privo di legami con il territorio, il nomade è sempre stato percepito come un potenziale sovversivo dell’autorità costituita. Difficile da controllare, da tassare, da educare, sarà spesso perseguitato da Stati propensi per loro stessa natura a catturare "flussi di ogni specie, di popolazioni, di merci e di commercio, di denari e di capitali”. Nel corso dell’età moderna, i nomadi sono stati quasi ovunque ridotti all’impotenza. La tranquillità delle popolazioni stanziali è stata così messa al riparo dalle loro scorrerie».