Umberto Galimberti su la Repubblica del 02/08/01 a pagina 39, 3 agosto 2001
Secondo il filosofo Pascal, l’accidia era «la risultante dell’alterazione degli umori in presenza di deprecabili azioni morali, tipiche di chi, avendo abusato del piacere, si trova nell’impossibilità di desiderare»
Secondo il filosofo Pascal, l’accidia era «la risultante dell’alterazione degli umori in presenza di deprecabili azioni morali, tipiche di chi, avendo abusato del piacere, si trova nell’impossibilità di desiderare». Kierkegaard, in uno scritto, riteneva che «Accidia, sorella del Vuoto, circola insidiosa in cielo, in terra e in ogni luogo. Dato che gli dèi si annoiavano, crearono l’uomo. Anche Adamo era accidioso, perciò fu creata Eva. Da quell’ istante la noia entrò nel mondo». Per difendersi dall’accidia (otiositas), i monaci antichi e medievali ricorrevano al lavoro, aggiungendo l’orazione: "Ora et labora" (prega e lavora), che ripetuta più volte come una cantilena, può risuonare: labora et ora..."laboratorio". Per gli psichiatri Carlo Maggini e Riccardo Dalle Luche la noia è la malattia dello spirito contemporaneo che, secondo i filosofi Eliade e Cioran, ha perso «...l’incanto del mondo che la razionalità ha reso disincantato». «L’accidia quindi, più che vizio capitale, è piuttosto la triste atmosfera del nostro tempo. A meno che questa malattia non divenga stimolo per trasformare il caos in creazione. Del resto già Nietzsche assicurava: "C’è ancora del caos dentro di voi, c’è ancora una stella danzante"».