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 2001  agosto 03 Venerdì calendario

Gli antichi le trovavano nelle ostriche e si limitavano a raccoglierle, ma non si sapevano spiegare il meccanismo della loro nascita

Gli antichi le trovavano nelle ostriche e si limitavano a raccoglierle, ma non si sapevano spiegare il meccanismo della loro nascita. La situazione rimase la stessa fino a quando, quasi per caso, i cinesi scoprirono l’arcano: se un sassolino penetrava nelle valve di un’ostrica, veniva velocemente ricoperto di un bianco strato perlaceo. Iniziarono subito a sfruttare il sistema per decorare piccole statuette del Buddha: nacque così l’idea della moderna coltivazione delle perle. Ma restava impossibile ottenere quello che alla natura, invece, riusciva benissimo: gemme regolari, uniformi e di buone dimensioni. Ci riuscì per primo un giapponese all’inizio del secolo scorso: Kokichi Mikimoto. Era un uomo pragmatico, che inseguì per anni il suo sogno. Nato nel 1858, era il figlio maggiore di un fabbricante di spaghetti a Toba, una piccola città sul mare nel distretto del Kansai, tra Osaka e Kyoto. A vent’anni si ritrovò, suo malgrado, a dover lavorare nell’azienda di famiglia, ma il suo grande amore erano le perle. I suoi esperimenti, all’inizio costellati di insuccessi, continuarono per anni. Fino a quando, nel 1893, strinse finalmente in pugno orgoglioso le prime perle coltivate. Sei anni dopo apriva il suo primo negozio nel quartiere della moda di Tokyo, la Ginza. Nel 1905 un altro successo: per la prima volta riuscì ad ottenere sistematicamente delle perle perfettamente rotonde. Da quel momento la ”coltivazione” delle perle divenne realtà. E le perle diventarono sempre più popolari: qualche anno dopo, negli anni Venti, le donne portavano con disinvoltura lunghissimi fili di perle. Rapidamente quelle ”naturali”, prodotte spontaneamente dal mollusco, divennero una rarità. Tanto che oggi si trovano, in pratica, solo nelle ostriche pescate, ormai quasi per gioco, nelle ricchissime e calde acque del Golfo Persico, tra Egitto e gli emirati.