27 agosto 2001
Fiore Patrizia Katiuscia, di anni 29, milanese, naso e zigomi pronunciati, labbra carnose, capelli neri, due cicatrici sotto i seni, figlia di Afra Paravish, 45 anni, ballerina ed entraîneuse iraniana, e di Fiore Alfredo, di anni 50, contrabbandiere di sigarette originario di Foggia
Fiore Patrizia Katiuscia, di anni 29, milanese, naso e zigomi pronunciati, labbra carnose, capelli neri, due cicatrici sotto i seni, figlia di Afra Paravish, 45 anni, ballerina ed entraîneuse iraniana, e di Fiore Alfredo, di anni 50, contrabbandiere di sigarette originario di Foggia. Appassionata di moda, i genitori divorziati quando lei aveva 9 anni, dopo la licenzia media s’era trasferita a Livorno per fare l’operaia alle Officine navali toscane. Quattro anni dopo s’era sposata con Tarella Franco, allora 46 anni, originario di Rapallo, titolare di una ditta di impianti idraulici a Livorno: vita mondana, molti vestiti, undici traslochi in dodici anni, sempre nella zona residenziale di Livorno. Separatasi nel ’99, era tornata a Milano senza voler casa e lavoro fisso: ospite da amici o persone conosciute al bar, quattro pacchetti di Marlboro lights al giorno, sempre inquieta, come unico bagaglio un baule di cartone in cui conservava gli abiti firmati comprati per pochi soldi nelle stock house. Si manteneva facendo la baby sitter o la rappresentante di libri porta a porta; ultimamente vendeva cosmetici alle farmacie, guadagnando un milione al mese. Da una decina di giorni viveva in casa di una sua coetanea, A. Graziella, cocainomane. Forse a corto di soldi costei, insieme al fidanzato D. C. Claudio, di anni 31, anche lui appassionato di droghe, si fece invogliare da due orologi che la Fiore era solita portare al braccio: un ”Omega constellation carré” con qualche brillantino e un ”Omega professional 3000”, 6 e 3 milioni di valore. Domenica 5 le dissero che l’avrebbero portata a cena in un ristorante fuori Milano e la fecero salire sulla loro Peugeot 307: Graziella alla guida, lei accanto, Claudio sul sedile di dietro. Secondo la ricostruzione dei carabinieri, durante il tragitto costui le si piazzò alle spalle e la strangolò con una cordicella piatta. L’abbandonarono riversa accanto a un guard rail qualunque della tangenziale Nord, all’altezza di Sesto San Giovanni. Indosso, tubino di maglina grigio scuro, scollato sulla schiena, lungo fin sotto al ginocchio, collezione Gianfranco Ferré Underwear di un paio d’anni fa, ai piedi sabò chiare con tacco basso, firmate Henry Lloyd, mutandine e reggiseno di pizzo.