27 agosto 2001
Tagliaferri Davide, di anni 30, alto, capelli neri col gel, aria da bravo ragazzo. Piacentino, diploma alla scuola alberghiera, ex barista, figlio di tassista, da qualche anno aveva ereditato la licenza dal padre Giuseppe, due mesi fa s’era sposato
Tagliaferri Davide, di anni 30, alto, capelli neri col gel, aria da bravo ragazzo. Piacentino, diploma alla scuola alberghiera, ex barista, figlio di tassista, da qualche anno aveva ereditato la licenza dal padre Giuseppe, due mesi fa s’era sposato. All’1 e 59 di domenica, un minuto prima di finire il turno di notte, ricevette la chiamata di Grancagnolo Gianbattista, di anni 44, in libertà vigilata dopo 12 anni di carcere, originario di Vittoria, Ragusa, separato, due figli. Costui gli chiese di portarlo in via Aguzzafame, periferia di Piacenza: mentre passavano sotto un cavalcavia, gli puntò la pistola alla nuca, lo fece fermare e gli ordinò di dargli il portafogli. Poiché il Tagliaferri si ribellava, lo fece secco con un colpo alla nuca e gli rubò 197 mila lire, l’incasso della giornata. Scaricò il cadavere, tentò di fuggire col taxi verso una discarica, ma la macchina s’incastrò a una grossa pietra che spuntava dalla strada sterrata. Il Grancagnolo scese, s’infilò in una vicina discoteca per crearsi un alibi, uscì un attimo per andare a togliere le impronte dall’auto e ritornò. Nel viavai non s’accorse che, dentro al night, un poliziotto in borghese l’aveva riconosciuto.