Giacomo A. Dente su Amica del 05/09/01 a pagina 62., 5 settembre 2001
Eduardo De Filippo amava molto cucinare per parenti e amici. A Giulio Einaudi, che amava i sapori piccanti, era solito offrire una pasta e broccoli arricchita con i peperoncini verdi coltivati in giardino dalla cameriera eritrea Hiwet (Einaudi ne era così ghiotto che se ne portava via in tasca manciate)
Eduardo De Filippo amava molto cucinare per parenti e amici. A Giulio Einaudi, che amava i sapori piccanti, era solito offrire una pasta e broccoli arricchita con i peperoncini verdi coltivati in giardino dalla cameriera eritrea Hiwet (Einaudi ne era così ghiotto che se ne portava via in tasca manciate). Nilde Iotti andava pazza per i "mucilli", peperoni ripieni messi stretti stretti in una teglia da forno, l’uno accanto all’altro, come micetti nel nido. Archie Colquhoun, sofisticato traduttore in inglese dei "Promessi Sposi", adorava i tubetti al sugo dei pomodori San Marzano cotti al sole; Laurence Olivier, in visita all’isola d’Ischia, dove i De Filippo avevano casa, era incantato dalla "ciangotta", una ratatouille di verdure; Nino Rota e Roberto Rossellini adoravano la parmigiana di zucchine. Molte delle ricette più care a Eduardo venivano dalla nonna materna, Concetta Termini, moglie di Luca De Filippo, bellissimo ma sprovveduto e spendaccione. Eduardo preparava personalmente la conserva di ragù, seguendo una laboriosa liturgia nella casa di campagna a Velletri. Una volta finito, col ragù avanzato si cucinava un purè di patate di sua invenzione, con sugo e parmigiano. Le patate erano indispensabili anche per il "ruoto", con cipolle e pomodori lasciati a cuocere fino a bruciacchiarsi: il risultato, una salsa rosso brunita, suggerì a Mino Maccari, ospite a cena in casa De Filippo, il colore del fondale per "Il naso" di Schostakovic al Teatro La Pergola di Firenze (di cui Eduardo curava la regia). In "Sabato, domenica e lunedì", De Filippo fa mettere in tavola, primo esempio nella storia del teatro, un vero piatto di spaghetti al pomodoro, «coinvolgendo il pubblico in una fortissima dimensione olfattiva, dalle prime file al loggione».