Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2001  agosto 30 Giovedì calendario

In Africa proliferano sempre più chiese libere, "divinatori" e nuovi profeti come quelli delle sette d’importazione straniera, dai neopentecostali americani ai culti sincretistici giapponesi

In Africa proliferano sempre più chiese libere, "divinatori" e nuovi profeti come quelli delle sette d’importazione straniera, dai neopentecostali americani ai culti sincretistici giapponesi. Renato Kizito Sesana, padre comboniano: «Nella mia strada, lunga un chilometro e mezzo, ci sono 23 insegne di chiese diverse, l’unica senza cartello è quella cattolica. Senza contare i battitori liberi. Da circa quattro mesi, per esempio, ogni domenica passa di qui un anziano con tutta la sua famiglia. Sono vestiti come i pastori di un presepe, con i turbanti in testa, forse perché è così che pensano andasse abbigliato Gesù. Ogni volta aumenta la sua platea di fedeli: erano cinque, poi venti, la prossima volta chissà. Anche lui si considera una chiesa a sé, un eletto da Dio». A Nairobi, la Tenda del Dio Vivente raccoglie gli emarginati delle periferie: indosso le tuniche bianche tradizionali e sandali fatti con vecchi pneumatici, cantano, fanno sacrifici animali e aspettano la salvezza terrena. «Seguiamo il Vecchio Testamento», spiega il loro vescovo. «E’ nostra responsabilità, in quanto leader religiosi, scacciare i demoni. Per questo sono necessari i sacrifici». Sono centinaia, nel continente nero: santoni, messia, ma anche sacerdoti cristiani in rotta con le gerarchie e le liturgie delle chiese ufficiali d’appartenenza. E’ in Africa che il Vaticano ha dovuto fare i maggiori sforzi di mediazione con le culture locali, fino ad accettare, con Papa Giovanni Paolo II e il Sinodo nero del 1994, la cosiddetta "via africana al cattolicesimo": sì alle messe cantate e danzate al ritmo dei tam tam, alle preghiere di liberazione dagli spiriti maligni, alla venerazione degli antenati (una delle pratiche più diffuse, versare birra sulla tomba), alle guarigioni con i metodi tradizionali, a un’iconografia che trabocca di Cristi e Madonne nere. Dopo oltre cento anni di evangelizzazione, la Bibbia è stata tradotta soltanto in una manciata di lingue locali e l’ottanta per cento dei cristiani vive di fatto in condizione di scomunica perché poligamo o sposato con rito non cattolico.