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 2001  dicembre 12 Mercoledì calendario

In famiglia li chiamiamo orecchioni e mai nome fu più appropriato. Perché il gonfiore delle ghiandole causato dal Paramyxovirus spinge quasi in fuori i padiglioni auricolari, al punto da far sembrare che le orecchie siano diventate più grandi: da qui il termine familiare per indicare la parotite, una delle più classiche malattie dell’infanzia

In famiglia li chiamiamo orecchioni e mai nome fu più appropriato. Perché il gonfiore delle ghiandole causato dal Paramyxovirus spinge quasi in fuori i padiglioni auricolari, al punto da far sembrare che le orecchie siano diventate più grandi: da qui il termine familiare per indicare la parotite, una delle più classiche malattie dell’infanzia. Spiega il professor Vito Console, primario di Neonatologia all’ospedale Niguarda di Milano: «La parotite è l’infiammazione delle parotidi, le maggiori ghiandole salivari, poste dietro l’orecchio. Spesso viene coinvolta anche la mandibola e tutta questa parte della testa risulta gonfia e dolente». La fascia d’età più sensibile va dai 5 ai 10 anni. La ragione è chiara: il contagio avviene per via aerea, attraverso le gocce di saliva, quindi chi frequenta gli asili e le classi elementari contrae facilmente dai compagni il virus. Le stagioni a rischio sono inverno e primavera. Quale segnale fa capire che il bimbo sta covando la malattia? «Il piccolo comincia ad avere mal di testa, nausea, mal di pancia e qualche linea di febbre», spiega Console. «La zona attorno alla mascella, all’orecchio e al collo comincia a gonfiarsi da un lato e, a distanza di qualche giorno, anche dall’altro. In questa fase sale la temperatura, che può arrivare anche a 39 gradi. Tutto però si risolve presto, in poco più di una settimana». La cura migliore è il riposo, accompagnato da farmaci antipiretici per la febbre. Importante è isolare il bambino con gli orecchioni dai fratellini e soprattutto dal papà (se non ha mai contratto la malattia). Eventuali complicazioni? Dolori addominali e (raramente) attacchi di vomito. Ancora meno di frequente, in 3 casi su 100, può essere coinvolto il sistema nervoso centrale, provocando la meningite. Soprattutto per scongiurare quest’ultimo rischio è raccomandato il vaccino.