corriere.it/rubriche/libri/come se líaveste letto 22/12/2001, 22 dicembre 2001
«Ethel era davvero bella... C’eravamo conosciuti nella primavera del ’35 a Londra, in una Coffee House, mi piacque, le raccontai di me, delle mie aspirazioni
«Ethel era davvero bella... C’eravamo conosciuti nella primavera del ’35 a Londra, in una Coffee House, mi piacque, le raccontai di me, delle mie aspirazioni. Poche ore dopo ero a casa sua, dietro Maiden Laine... Poi tornai in Italia, m’arruolai per l’Abissinia. Nel ’37, scrivendo ai miei, aveva saputo che stavo a Roma. Una mattina me la trovai di fronte in via del Sudario, con un bambino al collo. Giurò che era mio. Rimasi di sale. Lei pianse, mi commossi. Cedetti il giorno dopo, assicurandole che avrei badato a entrambi. Lei non volle nulla, mi disse ch’era ricca di suo. Le firmai un riconoscimento di paternità. La mattina successiva andai al suo albergo, mi dissero che era partita. Le scrissi a Londra. Non rispose. Da allora non l’ho più rivista. E neppure il bambino... Smaniavo di partire per la Spagna. Poi finii a Tallin, dove feci parecchie ricerche per rintracciarli... Ma la vita mi volò via, andai in Finlandia, eravamo sull’orlo della guerra... Ma sai soprattutto perché mi affascinò? Perché a Londra, quel pomeriggio a casa sua, insistette per leggermi alcune parti di un lungo racconto che, m’aveva detto, assolutamente mi riguardava. S’intitola The Gadfly, che vuol dire tafàno, una persona che ti perseguita. In Italia credo che lo conoscano in pochi... L’autrice, Ethel Boole Voynich, era una sorta di veggente, sposata a un russo-polacco, Wilfried M. Voynich, che viveva a Roma... Ma torniamo al racconto. del 1897. Mentre Ethel me lo leggeva a voce alta, mi s’accapponava la pelle. Sembrava che la Voynich avesse vaticinato la mia vita, mescolandone gli elementi che, pur disordinatamente, ci sono tutti: la notorietà, il giornalismo, la ribellione, la ricchezza. Sembrò predirmi quello che sarei voluto diventare, famoso e ricco come il coprotagonista di The Gadfly. Cioè un prete, di cognome Montanelli, padre di Arthur, un suo figlio illegittimo di cui ignora l’esistenza, avuto da un’inglese. L’azione si volge intorno al 1830. Arthur non sa che Montanelli è suo padre, gli si presenta diciannovenne come seminarista. Un giorno gli confessa che ammira Mazzini e, affiliato alla Giovane Italia, vuole battersi per cacciare gli stranieri dalla penisola. Montanelli di lì a poco diventa vescovo, va a Roma. Arthur dopo qualche tempo finisce agli arresti, scopre per caso che Montanelli è suo padre. Scappa di prigione, comincia a scrivere, diventa un brillante giornalista clandestino, si scatena contro austriaci, Pio VIII e il successore Gregorio VII. La sua penna è affilata, piccante, assassina. Arthur del resto compie anche attentati, uccide. Viene attivamente ricercato. Intanto Montanelli, diventato cardinale, è ricco e potente. La polizia pontificia, che ha agguantato Arthur, glielo trascina di fronte. Il cardinale gli parla a lungo, apprende di esserne il padre. Per non compromettere la propria posizione, lascia che lo condannino a morte. La più crudele forma di ripudio. Io feci quasi lo stesso, pur riconoscendo quel bambino, perché non lo cercai più. E il suo ricordo, oggi, mi dà un profondo rimorso» (Indro Montanelli, dalla biografia che gli ha dedicato Marcello Staglieno, uscita per Mondadori)