E. M. Cioran, "Al culmine della disperazione", Adelphi, 15 gennaio 2002
mile Cioran scisse "Al culmine della disperazione" a Sibiu, in Transilvania, quando aveva ventidue anni
mile Cioran scisse "Al culmine della disperazione" a Sibiu, in Transilvania, quando aveva ventidue anni. Per ingannare i genitori fece finta di lavorare a una tesi. Lo scrisse in uno stato febbrile di insonnia e inquietudine giovanile. Pur concepito di notte, "Pe culmini disperari", questo il titolo originale, è pieno di lampi e illuminazioni. Non si tratta di un frutto acerbo ma di un testo che anticipa la vena velenosa ma vitale di questo filosofo pieno d’umorismo che quando gli assegnarono un ambito riconoscimento a Parigi lo rifiutò dicendo: «Non si può scrivere un libro come "L’inconveniente di essere nati" e poi presentarsi pure a ritirare un premio per esso». Morto sei anni fa all’età di ottantaquattro anni a Parigi, città dove aveva vissuto come altri celebri esuli rumeni (Ionesco eccetera), Cioran non si può inserire in nessun movimento letterario o moda. Per la capacità di condensare concetti sulla pagina può essere paragonato forse solo al Canetti di "Massa e potere" e "La tortura delle mosche". La sua solennità, che a un primo impatto può risultare non gradevole, è stemperata dal dono della sintesi aforismatica e dell’ironia. Fernando Savater, studioso e traduttore dei suoi testi, lo ricorda, l’ultima volta, a place de l’Odéon, avvolto come al solito in un cappotto liso, sulla testa un basco di pelle.