Lev Nikolaevic Tolstoj, "I cosacchi", Newton, 16 gennaio 2002
Signori e popolo. «Tutto, ormai, è silenzio a Mosca. Di Rado, tratto tratto, risuona quello strido di ruote proprio delle strade invernali
Signori e popolo. «Tutto, ormai, è silenzio a Mosca. Di Rado, tratto tratto, risuona quello strido di ruote proprio delle strade invernali. Alle finestre non ci sono più luci, e i lampioni sono spenti. Dalle chiese si spandono ritocchi delle campane e, dondolando sulla città dormente, preannunciano il mattino. Le strade sono deserte. Di rado, qua e là, va solcando coi pattini sottili la sabbia intrisa di neve un fiaccheraio notturno e, trascinatosi fino a un nuovo posteggio, s’addormenta, in attesa di un avventore. Passa una vecchierella diretta alla chiesa, dove già, tremolando sull’oro delle icone, ardono rossicce e rade, in asimmetrica disposizione, le candele di cera vergine. Il popolo lavoratore sta levandosi ormai, dopo la lunga notte d’inverno, e si reca al lavoro. Ma per i signori è ancora sera».