Maurizio Stefanini, La Macchina del Tempo, n. 11 - novembre 2001 pag. 17-28, 16 gennaio 2002
La faccenda si capisce meglio facendo un po’ di storia. Il punto di partenza è il 1852, anno di invenzione dell’ascensore
La faccenda si capisce meglio facendo un po’ di storia. Il punto di partenza è il 1852, anno di invenzione dell’ascensore. Prima del 1852 esisteva un sistema di montacarichi a base di corde e pulegge, alimentato da un motore a vapore. Alleviava la fatica di salire, ma le corde si rompevano spesso, e così si mandavano su solamente oggetti. Poiché bisognava per forza far le scale a piedi, difficilmente un palazzo andava oltre i cinque piani. Anche le insulae romane, antenate della moderna edilizia popolare, si fermavano a quei livelli. Perciò anticamente i ”quartieri alti” erano i meno pregiati, quelli destinati alla servitù e ai poveri. Poi Elisha Otis inventò l’ascensore, semplicemente applicando al vecchio montacarichi un freno di sicurezza capace di ancorare la piattaforma alle sue guide. Era la seconda metà dell’Ottocento, il costo del terreno edificabile saliva in continuazione e un nuovo boom industriale richiamava gente nelle città. C’erano cioè le condizioni generali classiche (le stesse di ora) per lo sviluppo verticale degli edifici. Restava il problema tecnico, perché far stare in piedi un affare da trenta piani (o da cento) non è come far stare in piedi una casa da cinque. Il problema tecnico ha un nome: calcestruzzo.