(Eugen Weber, La Francia ìfin de sicleî, il Mulino, Bologna 1990), 17 gennaio 2002
«Tutti sembrano concordare che la moda fu molto influenzata dall’abbigliamento ciclistico; e probabilmente ciò fornì un altro punto a favore dell’adozione delle mutande
«Tutti sembrano concordare che la moda fu molto influenzata dall’abbigliamento ciclistico; e probabilmente ciò fornì un altro punto a favore dell’adozione delle mutande. Ma soprattutto si videro molte giovani donne in pantaloni, in gonnellino e calzoni, e con altri indumenti sportivi, e questa voga insegnò loro anche l’utilità delle tasche, gli risparmiò di sollevarsi le gonne, e gli diede il gusto di vestiti con cui potevano sedersi, camminare, o sdraiarsi più comodamente, e persino pedalare. Ma, più importante ancora, l’abbigliamento ciclistico contribuì a liberare le donne dal busto (...). Anche strutture meno maestose potevano essere una tortura, e minacciare i visceri che comprimevano: le donne se potevano si nascondevano negli angoli bui del teatro o del palco dell’opera per sfilarsi il busto, incartarlo in un giornale, e respirare più liberamente; ma molte non ne avevano la possibilità. Questo non sembrava importare molto, finché la moda ciclistica non fece puntare il dito sulla costrizione operata dal busto, spingendo migliaia di giovani donne a ribellarsi contro il grave impedimento alla loro libertà di pedalare» (Eugen Weber, La Francia ”fin de siècle”, il Mulino, Bologna 1990).