Cristina Petrella, Valentina Bruschi, Alias 12/01/2002, 12 gennaio 2002
«Come mettevi in posa i tuoi clienti? Farsi fare una foto era un evento importante: le persone volevano risultare al meglio
«Come mettevi in posa i tuoi clienti? Farsi fare una foto era un evento importante: le persone volevano risultare al meglio. Spesso erano tese, intimidite dalla macchina fotografica. Io dicevo loro di rilassarsi e di mettersi in un certo modo, non sbagliavo mai. Riuscivo a farli venire veramente bene. Dicevo loro ”I ka nyì tan”, che in bambara vuol dire ”stai bene così, non ti muovere” e scattavo. Nello studio tenevo appese le foto più belle, la gente veniva e diceva: ”Ne voglio una così”. Indossavano i loro vestiti migliori e a volte portavano oggetti con cui volevano essere fotografati. Io avevo molti vestiti di foggia europea da prestare loro, giacche, cravatte, cappelli e anche penne stilografiche e orologi. Li potevo rivestire dalla testa ai piedi. Alcuni volevano essere fotografati accanto alla mia auto, una Peugeot 203. Altri venivano con la loro bicicletta. C’era una senegalese che faceva la sarta ed è venuta con la sua macchina da cucire» (Seydou Keïta, pioniere della fotografia in Africa, morto a Parigi il 22 novembre scorso, nato a Bamako, Mali, nel 1923)