Giovanni Berlinguer, "Le mie pulci", Editori Riuniti, 1988, 21 gennaio 2002
La cattura delle pulci, malgrado la collaborazione di Benvenuto (in realtà ero io il suo assistente) non era altrettanto rapida
La cattura delle pulci, malgrado la collaborazione di Benvenuto (in realtà ero io il suo assistente) non era altrettanto rapida. Per Giggi Zanazzo, il poeta che descrive in versi romaneschi l’operazione-Arca compiuta da Noè, tutto sembrava facile: Il patriarca infatti acchiappava le purci e li pidocchi, e pe’ nun perde tempo l’incartava. Ma ai nostri tempi, forse perché intuiscono che abbiamo altre intenzioni che salvarle dal diluvio, le pulci saltano, scappano, abbandonano il corpo dell’ospite se la sua temperatura cutanea diminuisce per spavento (a tutti gli animali a sangue caldo viene la ”pelle d’oca”, la vasocostrizione periferica da paura) o peggio per decesso. Questi insetti hanno una straordinaria capacità di percepire i cambiamenti che avvengono nei loro involontari donatori di sangue, in modo da poter abbandonare in tempo la barca che affonda. Se si uccide un topo o un coniglio infettato dalle pulci, pochi secondi dopo queste si eccitano, anzi vengono prese da terrore, si portano verso l’esterno del pelame, saltano e corrono agitatissime e abbandonano il corpo della vittima, per ricercare subito un nuovo donatore che stia nei paraggi, o per nascondersi in attesa di tempi migliori. In molti casi non c’è neanche la speranza-timore che tu possa catturarle perché ti son venute addosso, in quanto ogni specie di pulce (al mondo ne sono state catalogate oltre duemila, a volte diverse tra loro quanto una mucca e un cane bassotto; e molte altre sono ancora ignote, terreno inesplorato per future ricerche) predilige il proprio ospite.