Giovanni Berlinguer, "Le mie pulci", Editori Riuniti, 1988, 21 gennaio 2002
Per catalogarle meglio disimbalsamai quindi le pulci storiche e le preparai all’osservazione con lo stesso metodo che usavo per gli esemplari catturati: innanzitutto, svuotandoli completamente degli organi interni, cioè di ogni frattaglia, un insetto per volta, per ridurli a puro scheletro
Per catalogarle meglio disimbalsamai quindi le pulci storiche e le preparai all’osservazione con lo stesso metodo che usavo per gli esemplari catturati: innanzitutto, svuotandoli completamente degli organi interni, cioè di ogni frattaglia, un insetto per volta, per ridurli a puro scheletro. Non si pensi però a un’operazione lunga e complicata, con i ferri della microchirurgia. Un semplice bagno di soda caustica pulisce tutto, ponendo in evidenza la cuticola con le sue setole e le sue spine, le zampe con i loro artigli, le antenne, l’apparato boccale con mascelle e mandibole taglienti e pungenti. Si salvano anche, nel bagno di soda, lo spropositato apparato sessuale maschile che afferra in una morsa la femmina, e la spermateca di questa (una banca dello sperma, che conserva il seme dopo l’accoppiamento, consentendo ad uno spermatozoo per volta di fecondare centinaia di uova), anch’essi organi utilissimi non solo per distinguere maschio e femmina, ciò che con l’esercizio si può fare quasi ad occhio nudo, ma soprattutto per l’identificazione delle varie specie. Non mi aspettavo, al microscopio di vedere un pene che misura oltre un terzo del corpo, così complicato che crudeli guardoni, che l’hanno non solo osservato a lungo durante l’accoppiamento (che dura da tre a nove ore) ma anche congelato o fissato chimicamente durante la funzione, non hanno capito a che servissero tutte le sue parti; fino a concludere che «la cosa è priva di senso». Ma la sessualità delle pulci, per l’anatomia dei loro organi e più ancora per il loro comportamento, doveva riservarmi molte altre sorprese.