Giovanni Berlinguer, "Le mie pulci", Editori Riuniti, 1988, 21 gennaio 2002
Fece un volto tale che dovetti scusarmi. Capii che la pesante ironia di un comunista italiano può risultare molto lontana dall’humour di un conservatore britannico, soprattutto se il conservatore è anche conservatore (in senso stretto) di un museo sostenuto da un lascito annuo di 10
Fece un volto tale che dovetti scusarmi. Capii che la pesante ironia di un comunista italiano può risultare molto lontana dall’humour di un conservatore britannico, soprattutto se il conservatore è anche conservatore (in senso stretto) di un museo sostenuto da un lascito annuo di 10.000 sterline datate 27 febbraio 1913, e da allora più volte rivalutate. L’offesa, però, non derivava da interessi lesi; capii che l’avevo colpito dolorosamente la mia ignoranza. Comunque, non insistetti, e la mia scarsa conoscenza non delle pulci, ma questa volta della letteratura e dell’arte inglese, mi fu favorevole. Non sapevo ancora, in quel tempo, che all’inizio dell’epoca vittoriana un singolare scrittore visionario, William Blake, aveva creduto di vedere fantasmi di pulci con corpo e volto di uomini, e li aveva disegnati come dal vero in forme riprodotte poi da John Varley, nel 1828, nel suo A Treatise on Zodiacal Phisiognomy. Dico che fui salvato dall’ignoranza perché la visione di Blake fu di un uomo ematofago: se l’avessi saputo, difficilmente mi sarei trattenuto dal proseguire il discorso sui banchieri. Non sapevo neppure che nella schiatta dei Rothschild c’erano stati, e ci sarebbero stati dopo Nathaniel Charles, altri entomologi e studiosi di pulci.