Claudio Rendina su la Repubblica del 13/01/02 a pagina X della Cronaca di Roma., 13 gennaio 2002
Rugantino, dal tardo latino "rugolare" o da "ruganza", allude all’arroganza. Il Belli lo descrive come «un linguacciuto attaccabrighe che finisce sempre per toccarne da tutti, e di numerare a debito altrui le busse del proprio conto»; famosa la frase "me n’hanno date tante, ma quante je n’ho dette!"
Rugantino, dal tardo latino "rugolare" o da "ruganza", allude all’arroganza. Il Belli lo descrive come «un linguacciuto attaccabrighe che finisce sempre per toccarne da tutti, e di numerare a debito altrui le busse del proprio conto»; famosa la frase "me n’hanno date tante, ma quante je n’ho dette!". Agli inizi è vestito da gendarme, a volte è capo del Bargello, e arresta innocenti per dar dimostrazione di forza. Poi abbandona l’abito militare, diventa pigro e bonario e sposa la Nina. Nel teatro dei burattini dell’Ottocento divenne popolarissimo grazie al marionettista Gaetano Santanelo (detto Ghetanaccio) e diede il nome a un famoso periodico in dialetto, appunto il "Rugantino", fondato nel 1887 dall’editore Perino e diretto da Giggi Zanazzo. Seconda per popolarità la maschera di Meo Patacca, popolano attaccabrighe ma non vigliacco, sostanzialmente un bullo, reso famoso dal poema in romanesco di Giuseppe Berneri "Meo Patacca, ovvero Roma in festa nei Trionfi di Vienna", dodici canti del 1965. Il nome deriverebbe da "patacca", somma equivalente a cinque carlini che costituiva la paga del soldato. Per costume aveva calzoni stretti al ginocchio da legacci, giacca di velluto, sciarpa sgargiante e capelli raccolti in una retina secondo la moda spagnoleggiante. Il suo antagonista è Marco Pepe, caricatura della vigliaccheria fanfarona. Poi c’è Don Pasquale, «personaggio dignitoso ma un po’ scemo, che parla con perifrasi e preziosità ma anche sgrammaticature. Le sue croci sono una servetta gentile che lo prende sempre in giro e la sua donna, Pimpa, arrampicatrice sociale nota con il peggiorativo del proprio nome: Pimpaccia di piazza Navona». Infine, Cassandrino, nato alla fine del ’700, "padre nobile", credulone, costantemente truffato dei suoi averi, raggirato dalle figlie insofferenti o beffato in amore. Gira con tricorno, parrucca incipriata, giubba a coda di rondine, brache stinte e scarpe con la fibbia. E’ il «prototipo universale del borghese ciarliero e brontolone». Fu portato sulla scena come burattino al Teatro Fiano nel 1820 e diede anch’esso il nome a un giornale, "Il Cassandrino", periodico satirico fondato nel 1848 da Francesco Ximenes (molto raffinato, in seguito assorbito dal più popolare "Rugantino").