Antonella Amapane sulla Stampa del 14/1/2002 pagina 14., 14 gennaio 2002
Secondo gli stilisti che hanno sfilato a Milano, il maschio narciso, ambiguo ed effeminato non è più di moda, al suo posto trionfa l’uomo della porta accanto, magari trasandato, di certo nauseato da stravaganze e lussi esibiti
Secondo gli stilisti che hanno sfilato a Milano, il maschio narciso, ambiguo ed effeminato non è più di moda, al suo posto trionfa l’uomo della porta accanto, magari trasandato, di certo nauseato da stravaganze e lussi esibiti. Per Dolce e Gabbana il macho è un contestatore sessantottino con l’eskimo foderato di pellicciotta, la barba incolta, i capelli arruffati («la gente per strada è così, rilassata, non impettita, basta con le sfilate dedicate a improbabili macchiette»). Altri stilisti mandano in passerella uomini fascinosi e brizzolati, indosso giacche contadine di ruvido velluto a coste, pantaloni da rocciatore rammendati, golfoni peruviani, sciarpone artigianali volutamente démodé, tutta roba, insomma, che sembra uscita dal baule del nonno. Il lusso, quando c’è, è mortificato e nascosto: il paltò di visone rasato nero sembra di velluto, i ricami in filigrana d’argento assomigliano a mostrine, gli smoking di Donatella Versace sono smitizzati da giaccone marinare, stivali robusti e berretti da rapper.