Eva Cantarella, La Macchina del Tempo, n. 12 dicembre 2001 pagg. 24-30, 12 dicembre 2001
A Creta – e, come si scoprì successivamente, anche sulla vicina Thera – era dunque fiorita una civiltà insulare, ricca, raffinata e che conosceva la scrittura
A Creta – e, come si scoprì successivamente, anche sulla vicina Thera – era dunque fiorita una civiltà insulare, ricca, raffinata e che conosceva la scrittura. Quasi inevitabile che qualcuno pensasse ad Atlantide. E così fu: sul Times del 1909 apparve un articolo in questo senso, a firma di K.T. Frost. Ma a diffondere e accreditare l’ipotesi furono le ricerche, a partire dal 1939, dell’archeologo greco Spiridion Marinatos. Nel 1950 Marinatos, al quale si devono gli scavi che hanno portato alla luce imponenti resti minoici anche a Thera, pubblicò un articolo destinato a diventare famoso: «Some Words about Atlantis» (Qualche parola su Atlantide). Il racconto di Platone, diceva Marinatos, era una sintesi di tradizioni storiche diverse, tra le quali il racconto sumerico del diluvio e una storia egizia del periodo del Medio Regno, che raccontava il naufragio di una nave su un’isola scomparsa. Atlantide, dunque, era realmente esistita: anche se – diceva Marinatos – la data fornita da Platone era sbagliata. Novemila anni prima di Solone in Grecia non esistevano popoli capaci di compiere le imprese descritte da Platone, né egiziani in grado di scriverle. L’epoca doveva essere la più recente età del Bronzo. Ma perché questa data? Perché in quell’epoca un cataclisma aveva sconvolto il Mediterraneo: l’eruzione del vulcano sull’isola di Thera.