Marina Bassani - Daria Egidi, La Macchina del Tempo, n. 12 dicembre 2001 pagg. 32-36, 12 dicembre 2001
Il luogo del ritrovamento, che ora è a due metri sotto il livello del mare, fu abitato per la prima volta da una colonia di pescatori, intorno all’anno Mille, seguiti nel giro di pochi anni da una comunità di monaci agostiniani che vi costruirono un monastero
Il luogo del ritrovamento, che ora è a due metri sotto il livello del mare, fu abitato per la prima volta da una colonia di pescatori, intorno all’anno Mille, seguiti nel giro di pochi anni da una comunità di monaci agostiniani che vi costruirono un monastero. Come tutte le terre della zona, anche San Marco in Boccalama ha sempre dovuto lottare contro le minacce del mare: in un documento del 1328, Nicola, il priore della comunità religiosa, chiedeva aiuto al Senato di Venezia per restaurare alcuni edifici e per compiere le necessarie opere di consolidamento contro le maree. Era consuetudine utilizzare vecchie barche ormai in disuso come sbarramento per il mare, e San Marco in Boccalama non fece eccezione: l’Arsenale veneziano donò una galea e, molto probabilmente, un commerciante della zona fece lo stesso con una delle sue imbarcazioni a fondo piatto. Le navi, dopo essere state arenate sulla spiaggia dell’isolotto e affondate, vennero fissate tramite alcuni lunghi pali al fondale, dove avrebbero dovuto fronteggiare l’avanzata del mare. Il sacrificio delle navi, però, si dimostrò ben presto inutile: l’isolotto era già disabitato nel 1348, quando fu usato come fossa comune per le vittime della peste che aveva colpito Venezia. Nel corso del Cinquecento l’isolotto sprofondò per sempre e nessuno si ricordò più dei due relitti, almeno fino a poco tempo fa.