Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2001  dicembre 12 Mercoledì calendario

Miller ha cominciato col copiare alla meno peggio il moto dei serpenti veri per un cartone animato. partito da lì e studiando e ristudiando ha inventato un meccanismo che funziona davvero

Miller ha cominciato col copiare alla meno peggio il moto dei serpenti veri per un cartone animato. partito da lì e studiando e ristudiando ha inventato un meccanismo che funziona davvero. Il suo roboserpente è fatto di tanti segmenti, ciascuno dei quali è sostenuto da una ruota ben mimetizzata. Le ruote, però, e qui sta il punto, non sono mosse da un motore: servono semplicemente per ridurre gli attriti sul terreno. Il modello di Miller è composto di una trentina di segmenti collegati da una specie di colonna vertebrale flessibile. Ogni segmento ha una coppia di servomotori elettrici, ciascuno dei quali fa forza su una delle assicelle che comandano i due segmenti successivi. Il movimento parte dalla testa del serpente: quando i servomotori sono attivati in sequenza, ne risulta che ogni segmento si piega su quelli che gli stanno vicini, esercitando sulla ruota sottostante una forza laterale, che dà la spinta in avanti. Si attivano così i motori del pezzo successivo e il robot avanza, serpeggiando. L’inventore ha già ottenuto un ottimo successo tra i fabbricanti di giocattoli d’avanguardia, ma qualcuno intravede qualcosa di più importante nelle prestazioni del robot: in realtà è un veicolo che può muoversi su qualsiasi tipo di terreno anche molto accidentato, e servirebbe a meraviglia per esplorare altri mondi. Sarebbe utile – e perfino originale - mettere un bel carico di roboserpenti su un pathfinder, connessi a un computer centrale che li comanda dallo spazio, e disseminarli qua e là sui pianeti (e i satelliti) del sistema solare, in modo che forniscano informazioni, spiino le stagioni e i mutamenti, scoprano eventuali alieni. Un umorista inglese, a questo proposito, ha commentato: «E se poi su un pianeta, che magari è all’inizio della sua evoluzione, il serpente incontra l’uomo, la donna e l’albero di mele, non rischiamo di esportare da capo il dramma della Terra? Il serpente elettronico potrebbe essere ancora più demoniaco e spietato di quello che buttò fuori dal paradiso terrestre – cioè da un luogo dove sembra si stesse in pace - Adamo, Eva e quindi tutti noi». Vale la pena di rischiare che una nuova umanità ricominci tutto da capo?