La Macchina del Tempo, n. 12 dicembre 2001 pag. 87, 12 dicembre 2001
«Le crociate? La conseguenza più importante che hanno avuto è stata far arrivare in Europa l’albicocca»
«Le crociate? La conseguenza più importante che hanno avuto è stata far arrivare in Europa l’albicocca». Nel Settecento questo era uno dei luoghi comuni preferiti da chi amava conservare il tono frizzante nelle conversazioni. Calembour divertente, ma inesatto. L’albicocca non arrivò in Europa grazie ai crociati. Originaria della Cina, dove era coltivata sin dal 2000 avanti Cristo, si diffuse in seguito in Persia e poi in Armenia. Alessandro Magno la portò in riva al Mediterraneo, e i primi a coltivarla in Occidente furono gli antichi romani. Anche Plinio il Vecchio parla di questo frutto, nelle sue opere di storia naturale del I secolo dopo Cristo. Gli antichi romani lo chiamavano praecoquus (precoce). Il nostro ”albicocca” deriva invece dall’arabo al-barquq, che ha lo stesso significato del termine latino. L’etimo si spiega con la storia recente di questo frutto. Nel basso Medio Evo l’albicocca venne a lungo considerata tossica, e dunque scomparve dalle tavole. Furono gli arabi a diffondere nuovamente il frutto in Occidente dopo l’anno 1000. Il primo studio moderno sulle albicocche si deve al napoletano Giambattista Della Porta che nel 1583 scrisse Suae villae pomarium (Il frutteto di casa mia).