La Macchina del Tempo, n. 12 dicembre 2001 pagg. 96-99, 12 dicembre 2001
Machu Picchu, la mitica città degli Incas, sta lentamente scomparendo: un’équipe dell’università di Kyoto, guidata dal professor Kyoji Sassa, ha scoperto che il terreno su cui poggia perde un centimetro al mese a causa di un movimento franoso lento e superficiale (ma implacabile), noto con il termine di ”soliflusso”
Machu Picchu, la mitica città degli Incas, sta lentamente scomparendo: un’équipe dell’università di Kyoto, guidata dal professor Kyoji Sassa, ha scoperto che il terreno su cui poggia perde un centimetro al mese a causa di un movimento franoso lento e superficiale (ma implacabile), noto con il termine di ”soliflusso”. Il lato più a rischio sembra quello occidentale, interessato da due frane già nel dicembre del 1995 e nel gennaio del 1996. Tutte e due le volte lo smottamento interruppe la strada che ogni anno rende possibile l’accesso alla città a trecentomila turisti. Machu Picchu è uno dei complessi urbanistici più incredibili del mondo, un’opera di ingegneria civile di immani proporzioni, a tratti simile a quella micenea e tibetana, realizzata cinque secoli fa in un ambiente tutt’altro che agevole sulle pendici orientali delle Ande a 2300 metri di quota, sopra a uno strapiombo di 450 metri. Lo stupore che lascia attonito anche il visitatore meno attento deriva dal fatto che i giganteschi macigni che costituiscono i suoi edifici si incastrano tra loro alla perfezione, come in un puzzle. questo incastro che impedisce ai muri di cedere: i terremoti che periodicamente devastano le regioni del Perù non sono mai riusciti a intaccarne la stabilità. Le uniche parti che risultano crollate negli ultimi quattro secoli sono i tetti: ma erano fatti di paglia. In che modo gli Incas trasportarono quegli enormi blocchi di granito? Questo è un mistero. Forse si servirono, a mo’ di leva, di lunghe pertiche con le quali esercitarono la spinta necessaria a sollevarli. Ma le modalità con cui vennero trasportati e lavorati restano avvolte nel buio.