Giovanni Maria Pace, La Macchina del Tempo, n. 12 dicembre 2001 pagg. 124-136, 12 dicembre 2001
Per capire, se non giustificare, il disinteresse dell’Italia verso il giovane Marconi giova forse ricordare la situazione economica e sociale in cui il Paese versa all’indomani della prima guerra etiopica
Per capire, se non giustificare, il disinteresse dell’Italia verso il giovane Marconi giova forse ricordare la situazione economica e sociale in cui il Paese versa all’indomani della prima guerra etiopica. Partendo per l’Inghilterra nel febbraio 1896, Marconi lascia un’Italia piena di conflitti e tensioni, che sarebbero culminate nei fatti di Milano del maggio 1898 (le truppe guidate dal generale Bava Beccaris spararono su una folla di dimostranti provocando cento morti). Per di più il Paese presenta un panorama industriale assai povero, in cui molte imprese riescono a sopravvivere solo grazie a misure protezionistiche. La scarsa disponibilità di capitali rende difficile l’avvio di nuove iniziative ad alto rischio, quali quelle legate appunto alla radiotelegrafia. In altre parole, difficilmente si sarebbero potute reperire in Italia, in tempo utile, quelle centomila sterline che Marconi ebbe a disposizione in Inghilterra già un anno dopo il suo arrivo (1899). Per una persona come Marconi, la scelta di andare in Inghilterra fu in qualche modo obbligata, come lo sarà in seguito quella di Enrico Fermi (e di tanti altri scienziati italiani), approdato negli Stati Uniti non tanto per le leggi razziali quanto per poter proseguire con mezzi adeguati le sue ricerche sull’atomo.