Giampaolo Dossena La macchina del tempo n. 01 gennaio 2002 pag 72-94, 1 gennaio 2002
Scacchi non comprate pezzi artistici Attrezzatura. In ogni casa dovrebbe esserci una scacchiera, non foss’altro perché si abituino a vederla e a pasticciarci i bambini: si può imparare a giocare a scacchi in età prescolare
Scacchi non comprate pezzi artistici Attrezzatura. In ogni casa dovrebbe esserci una scacchiera, non foss’altro perché si abituino a vederla e a pasticciarci i bambini: si può imparare a giocare a scacchi in età prescolare. Nei negozi di giochi c’è sempre un assortimento di scacchiere e di pezzi. Già che ci siete, affidatevi al negoziante e fatevi consigliare i pezzi classici. Il meglio sarebbero gli Staunton brevettati a Londra nel 1849 (vedi foto qui sotto) e da allora quasi invariati. Sono quelli che usano i professionisti, quelli che si vedono nei tornei nazionali e internazionali. Pregate il vostro angelo custode perché vi tenga lontano dalla tentazione di comprare scacchi di fantasia, ”artistici” o folkloristici. Il giocatore serio ne ha orrore. Davvero. Non scherzate su queste cose. Per la scacchiera, badate che sia di misura appropriata, con caselle su cui i pezzi stiano comodamente. Se possibile, compratene una che abbia i numeri da 8 a 1 sulla verticale, a sinistra, e le lettere da A a H sull’orizzontale, in basso. Queste coordinate cartesiane servono per studiare le partite sui libri di scacchi. Non vi abbandoni mai la consapevolezza del fatto che sugli scacchi sono stati scritti più libri che su qualsiasi altro gioco; più libri che su certe scienze. Da secoli l’Homo sapiens ha dedicato agli scacchi grandi, raffinate energie mentali. Quanto alla storia, si discute se gli scacchi nascano in India o in Cina; certamente a noi arrivano, dalla Persia, con gli arabi. Se, per le feste, vi ritrovate in casa due o più appassionati di scacchi, dovete trattarli con rispetto e precauzione. Molti scacchisti sono (sia detto senza offesa) monomaniaci. Se tra gli ospiti c’è qualche scacchista che dice «farei una partita a scacchi», mettetegli a disposizione i pezzi e la scacchiera, trovategli un angolo appartato, e buona notte, a lui e a chi accetterà di stare al suo gioco. Solo in casi di estrema confidenza e allegria si può sfiorare un argomento che per gli scacchisti seri è blasfemo: quello delle varianti scacchistiche. Gli scacchi, proprio perché sono un grande gioco (su questo non si scherza) hanno avuto nei diversi paesi, attraverso i secoli, centinaia di varianti. Ancora oggi se ne inventano tutti i giorni; è stata compilata una enciclopedia delle varianti scacchistiche. Le varianti degli scacchi possono essere divertenti per gli scacchisti spiritosi, soprattutto per i dilettanti. Ne descriviamo due. Scacchi marsigliesi. Ciascun giocatore al suo turno fa due mosse consecutive o con lo stesso pezzo o con due pezzi diversi. Il turno del giocatore finisce se dà scacco con la prima delle due mosse. Chi è sotto scacco deve uscirne alla prima delle due mosse. Il Re non può andare sotto scacco alla prima mossa e uscirne alla seconda. Si è in fase di stallo se un giocatore può fare la prima mossa ma non la seconda. Scacchi progressivi. Il Bianco comincia con una mossa, il Nero ne fa due, il Bianco tre e così via. Una sottovariante applica la successione di Fibonacci: 0, 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13... (scritti lo 0 e l’1, ogni numero è la somma dei due che lo precedono). Così, qui, adesso, avete almeno sentito nominare Fibonacci, che è sempre un bel colpo d’ala. Scacchi elettronici. Non è un colpo d’ala parlare con gli scacchisti di scacchi elettronici e men che mai fargli vedere gli scacchi elettronici che magari avete in casa. Nei modelli più economici il programma elettronico è nascosto nel ripiano di una scacchiera di aspetto tradizionale, corredata da pezzi tradizionali. L’uomo gioca a scacchi con il computer, contro il computer, spostando i propri pezzi bianchi e spostando i pezzi neri (i pezzi del computer) secondo dati che il computer fornisce su un piccolo visore. Nei modelli più costosi il computer provvede anche a spostare da sé i propri pezzi. Mediamente, gli scacchisti seri giudicano queste apparecchiature scherzi puerili, gli dà fastidio solo sentirli nominare. Altro discorso è quello che comincia col nome di Claude Elwood Shannon. Descrisse per primo, nel 1949, come programmare scientificamente un computer che giocasse a scacchi, attività scelta come modello di un compito complesso. I progressi degli studi sull’intelligenza artificiale furono tali che nel 1994 Robert Fischer dichiarò: «ci stiamo avvicinando alla fine molto rapidamente». L’11 maggio 1997 Garry Kasparov fu battuto dal computer Deep Blue della IBM. Alcuni presumono (altri sperano) che gli scacchi diventino così un gioco impraticabile per l’uomo, se non a livello dilettantesco, vanificando l’atmosfera intellettualistica e agonistica degli scacchi come frutto di una cosa diversa dall’intelligenza artificiale: frutto di una cosa da chiamare ancora ”intelligenza biologica”. Queste cose non le sanno in molti. Adesso che le sapete voi, abbiate uno sguardo di tenerezza per i vostri amici che giocano ancora a scacchi, da piccoli uomini, senza sentirsi gravare sulle spalle l’ombra stellare del Deep Blue.