Eva Cantarella, La Macchina del Tempo, n. 1 gennaio 2002 pagg. 7-11, 1 gennaio 2002
Per le strade, troviamo gli annunci pubblicitari di molte lavoratrici autonome, che davano notizia della loro disponibilità e del loro prezzo
Per le strade, troviamo gli annunci pubblicitari di molte lavoratrici autonome, che davano notizia della loro disponibilità e del loro prezzo. Altre informazioni vengono dalle scritte (sempre su muro) di ammiratori o innamorati delle numerose attricette, danzatrici e mime che venivano in città, spesso con compagnie girovaghe. Non prostitute di mestiere, dunque, ma forse disponste ad accettare regali anche in danaro dai loro più o meno occasionali amanti. I pompeiani si divertivano, insomma. E amavano non solo praticare il sesso, ma anche farne oggetto di scherzo: come dimostrano chiaramente le scene erotiche scoperte nell’edificio di recente aperto al pubblico di cui parlavamo, le ormai celebri Terme Suburbane. La funzione delle pitture trovate nello spogliatoio di questo locale, infatti, non era quella di stimolo sessuale, che siamo soliti attribuire alle rappresentazioni erotiche. Le scene osé erano dipinte in corrispondenza degli scatoloni di legno numerati e sospesi alle pareti, ove i clienti depositavano gli abiti. Per ogni scatolone, sulla parete che lo sovrastava, una scena diversa: rapporti di gruppo, coito orale, un amore lesbico. Scene hard, insomma: che, sorprendentemente per noi, erano solo una sorta di gioco di società, come ha convincentemente dimostrato l’archeologa che ha scavato le terme, Luciana Jacobelli. L’accoppiamento tra il numero della scatola e le diverse figurae Veneris non era casuale. Nel mediterraneo circolavano delle specie di kamasutra, inventati e propagandati dalle cortigiane greche, ed evidemente popolari anche a Pompei. Nelle terme, l’uso pittorico di questi kamasutra e l’accoppiamento numero-figura erotica serviva non solo a ricordare più facilmente la scatola in cui si erano riposti i propri vestiti, ma fornivano un ottimo pretesto per quegli scherzi salaci, quelle battute a doppio senso e quelle allusioni sessuali che i romani tanto amavano, come la letteratura latina ampiamente conferma. Concludendo: Pompei a luci rosse? Certamente, il sesso era parte importante della vita della città. Ma i pompeiani vivevano il sesso in modo diverso dal nostro. Erano pagani, non conoscevano i tabù che dopo secoli di cristianesimo possiamo essere tentati di attribuir loro. Luci rosse pagane, insomma, luci rosse senza peccato.