Massimo Fini, La Macchina del Tempo, n. 1 gennaio 2002 pagg. 22-31, 1 gennaio 2002
Il denaro generò direttamente dalle proprie costole il proprio fratello siamese, il mercato basato sul meccanismo domanda-offerta-prezzo e il suo figliolo prediletto: l’interesse e il parto di costui, l’interesse composto
Il denaro generò direttamente dalle proprie costole il proprio fratello siamese, il mercato basato sul meccanismo domanda-offerta-prezzo e il suo figliolo prediletto: l’interesse e il parto di costui, l’interesse composto. E col denaro arriva il capitale. La ricchezza, da statica che era, diventa dinamica, non è più utilizzata a scopi di tesaurizzazione, di esibizione, per essere dilapidata a maggior gloria di chi la possiede, come accadeva nelle comunità neolitiche e tribali e, come negli antichi Imperi, per essere redistribuita, ma la si investe per procurarsi altra ricchezza. Si investe cioè sul futuro, che è denaro. Soprattutto la comparsa dell’interesse sconcertò gli antichi perché si riteneva inconcepibile, perverso, che una cosa inanimata per eccellenza come il denaro potesse partorire altro denaro. Col denaro e l’interesse, che allora veniva chiamato senz’altro usura, irruppero molte attività finanziarie nuove o quasi: mutui, ipoteche, prestiti su pegno, cambi di valute e anche la cambiale che però, non potendo essere girata, non assume la funzione della carta-moneta. Intorno al IV secolo compaiono in Grecia le banche, anche se il termine è improprio perché non erano istituti specializzati esclusivamente nel concedere e ricevere prestiti ma conservarono sempre altre attività accanto a quella finanziaria.