Massimo Fini, La Macchina del Tempo, n. 1 gennaio 2002 pagg. 22-31, 1 gennaio 2002
La comparsa della moneta immaginaria, di quella scritturale (lettera di cambio), la diffusione sistematica del credito tramite i banchi, fanno parte di quel processo di progressiva smaterializzazione e astrazione del denaro che ha il suo apice ai giorni nostri
La comparsa della moneta immaginaria, di quella scritturale (lettera di cambio), la diffusione sistematica del credito tramite i banchi, fanno parte di quel processo di progressiva smaterializzazione e astrazione del denaro che ha il suo apice ai giorni nostri. Ma, per il momento, questi giochetti finanziari riguardano solo i mercanti, i banchieri, i gabelotti, cioè il ristretto giro di persone che maneggia il denaro per professione. Anche la moneta coniata rimane «una cabala intesa da pochi». Gli altri preferiscono scambiare servendosi della vecchia moneta-merce o addirittura nella forma del baratto. Perché il denaro conquisti l’intero esistente bisognerà aspettare un avvenimento speciale: la Rivoluzione industriale. Con questo evento, strettamente intrecciato ad altre rivoluzioni, che le sono più o meno coeve, agraria, scientifica, tecnologica, politica, religiosa (la Riforma protestante), si compie in Europa un capovolgimento di portata copernicana: si passa da un’epoca in cui l’economia è ancora subordinata alle esigenze della comunità umana a un’altra in cui le leggi economiche prendono liberamente il sopravvento ed è l’uomo a doversi piegare ad esse. Ciò potenzia ovviamente il denaro che dell’economia diventa il centro, tanto che Pierre Vilar può scrivere che «il passaggio dal feudalesimo al capitalismo è il passaggio da un’economia dove il denaro è secondario ad un’economia monetaria». La Rivoluzione industriale, che parte dall’Inghilterra intorno al 1750 e si completa, in Europa, almeno per i maggiori Paesi, e negli Stati Uniti verso il 1870, accelera, spostando il centro della produzione dalla terra alla fabbrica, tutti i processi che portano alla circolazione del denaro.