Massimo Fini, La Macchina del Tempo, n. 1 gennaio 2002 pagg. 22-31, 1 gennaio 2002
All’inizio il denaro è moneta-merce. Si tratti di buoi, di riso, di sale, di polli, è qualcosa di consistente e reale che può essere utilizzato anche altrimenti qualora, per qualsiasi ragione, perda la sua funzione e il suo valore di denaro
All’inizio il denaro è moneta-merce. Si tratti di buoi, di riso, di sale, di polli, è qualcosa di consistente e reale che può essere utilizzato anche altrimenti qualora, per qualsiasi ragione, perda la sua funzione e il suo valore di denaro. Le cose cominciano a complicarsi quando nasce la moneta coniata in metallo prezioso. L’oro e l’argento sono già una convenzione. Però conservano consistenza materiale e una certa utilità intrinseca seppur limitata e di molto inferiore al loro valore di scambio. Il successivo salto di qualità si ha con l’invenzione della banconota, moneta cartacea priva di qualsiasi valore intrinseco anche immaginario. Ma all’inizio la banconota è immediatamente convertibile in oro e in argento ed è quindi agganciata a qualcosa di solido e parzialmente utile. Inoltre la carta è di per sé priva di valore ma è pur sempre materia. Eppoi accanto ai biglietti di carta continuano a circolare, per lungo tempo, le tradizionali monete d’oro e d’argento. Il sistema della convertibilità, che tiene il denaro legato a una merce (da un certo momento in poi esclusivamente l’oro) ha operato, sia pur con numerose interruzioni, e via via in modo sempre più indiretto, rarefatto e, da ultimo, teorico, fin quasi ai nostri giorni. La convertibilità della banconota, nata nel 1694, rimane indiscussa per circa un secolo, fino al 1799 quando, in seguito alle guerre con la Francia rivoluzionaria, l’Inghilterra la sospende per la prima volta e introduce il corso forzoso: non solo la banconota deve essere accettata da chi la riceve come fosse moneta sonante (corso legale), ma non può nemmeno essere convertita. Il sistema viene accolto da tutti i più importanti Paesi europei, tranne la Francia.