La Macchina del Tempo, n. 1 gennaio 2002 pag. 26, 1 gennaio 2002
Le vicissitudini dell’euro, che ormai è prontissimo a infilarsi nel nostro portafoglio, hanno un precedente illustre: il dollaro
Le vicissitudini dell’euro, che ormai è prontissimo a infilarsi nel nostro portafoglio, hanno un precedente illustre: il dollaro. Nel 1787, infatti, dopo il crollo del sistema finanziario degli Stati confederati americani, iniziò quel processo che avrebbe portato alla nascita del bigliettone verde tanto amato da Zio Paperone. Bigliettone che andò a sostituire le valute in corso nei diversi Stati. Non crediate che il parto fu rapido e indolore: durò la bellezza di 147 anni. Perché fu così lungo? Perché la confusione era tanta; ai singoli stati veniva lasciata troppa autonomia, tanto che il Maryland ebbe addirittura la libertà di introdurre una tassa del due per cento (eliminata poi nel 1819) sui dollari emessi da altri stati. Mancava anche una Banca centrale federale (fu fondata solo nel 1913 con il nome di Federal Reserve) che controllasse la situazione di tutti gli stati. L’introduzione del dollaro unico creò per molto tempo parecchi problemi. Come mai? Perché una valuta somiglia inevitabilmente all’economia del paese in cui circola: un paese povero, un paese cioè che ha poche cose da comprare e da vendere (perché produce poco), ha per forza una valuta debole (cioè che ”vale meno”), cioè una valuta con cui si può commerciare quel poco che c’è da commerciare. Gli economisti dicono che le differenze tra le valute compensano le differenze tra le economie dei diversi stati. Che cosa accade, però, quando vari paesi con economie diverse adottano la stessa moneta? Che non essendoci più la valuta a riequilibrare le differenze, le compensazioni si realizzano in altro modo. Ora, i fenomeni di compensazione che avvengono in questi casi sono di solito tre: l’emigrazione (la gente si trasferisce dalle zone deboli alle zone forti), il bilancio (lo stato stanzia soldi in favore delle regioni più depresse), il fisco (lo stato toglie più soldi alle aree ricche e meno soldi a quelle povere). Quando fu unificato il dollaro (anzi nei cento e passa anni in cui durò l’unificazione) tutti e tre questi meccanismi funzionarono in pieno. Ma funzionarono per queste due ragioni: gli americani parlavano tutti la stessa lingua e quindi si spostavano facilmente da un posto all’altro; c’era un governo centrale che poteva togliere col fisco e dare col bilancio come voleva. Nulla di tutto questo con l’euro: non c’è un vero governo centrale capace di tassare allo stesso modo tutta l’Europa e, soprattutto, ogni paese europeo parla una lingua diversa, quindi la mobilità interna nel continente è più complicata. per questo che per negli anni passati i paesi dell’euro hanno dovuto sforzarsi (adattandosi ai famosi ”parametri di Maastricht)” per rendere le loro economia più o meno uguali, avendo come obiettivo indispensabile alla circolazione di una stessa valuta, un’inflazione simile, un tasso di sconto comune, Pil più o meno della stessa grandezza, indebitamento non al di sopra di certe soglie. Altrimenti, senza unione politica e con lingue e culture così diverse, la circolazione dell’euro potrebbe comportare grandi difficoltà. D. G.